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Amianto, la verità: in Emilia-Romagna uccide più degli infortuni sul lavoro

da | Apr 27, 2015 | In Primo Piano | 0 commenti

La letalità del mesotelioma da amianto è “pressoché totale”, spiega il dottor Antonio Romanelli all’Ansa (leggi l’articolo dalla fonte originale), e ha “un impatto superiore a quello degli infortuni mortali”: 603 i morti sul lavoro (Inail) nel periodo 2007-2012 e 804 per mesotelioma maligno. Sono 2.127 i casi di mesotelioma, quasi sempre correlato all’amianto, elencati nel Registro regionale ‘ReM’ dal 1996. La malattia si manifesta 30-40 anni dopo l’esposizione ed è in forte aumento: da 73 casi del 1996 ai 154 del 2013. Bologna e Reggio le province più colpite.

Intanto, la Regione ha pubblicato, sul proprio sito, una sezione dedicata. “Sul lavoro la trovavi dappertutto, anche in mensa, e poi te la portavi a casa sulla tuta e tra i capelli”. “Era biancastra e inodore, una polvere ‘amica’”. “Allora non sapevamo che era pericolosa e non c’erano cautele: ma chi mai poteva pensare che di lavoro si moriva?”. Sono le testimonianze di alcuni lavoratori che negli anni ‘70 hanno praticamente convissuto con l’amianto, pubblicate nella sezione “Amianto. Vite in polvere” sul sito dell’Assemblea legislativa regionale (www.assemblea.emr.it) in occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, il 28 aprile. Una sezione aperta, nella quale nelle prossime settimane verranno aggiunti nuovi contributi video così da costituire un vero e proprio archivio di memorie su una pagina drammatica del nostro territorio ma che allo stesso tempo testimonia del cammino fatto per la conquista della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Una sezione dove verranno inseriti in tempo reale atti e documenti riferiti all’attività dell’Assemblea legislativa sulla lotta all’amianto (atti di indirizzo, atti ispettivi, progetti di legge, leggi, ricerche, iniziative, provvedimenti).

RACCONTI DI MEMORIAGiovannino Albanese è entrato nel 1971 come falegname alle Officine grandi riparazioni delle Ferrovie dello Stato a Bologna, dove ha continuato a lavorare per quasi una trentina d’anni. Lo stesso ha fatto Antonio Matteo, che alle Ogr ha iniziato come verniciatore. Sul lavoro c’era una tale consuetudine con la polvere di amianto che era impossibile non entrarci in contatto: era ovunque. All’inizio non vi era alcun tipo di precauzione poi, dopo i primi morti in altre realtà aziendali, come ad esempio nei cantieri navali a Monfalcone, i lavoratori raccontano la nascita di un lungo percorso di consapevolezza e di battaglie per garantire sicurezza e protezioni. Una storia analoga la rivive Giorgio Corradini, vent’anni passati nello stabilimento di Rubiera (Re), dove c’era l’Eternit.

L’Italia è stato uno dei maggiori produttori e utilizzatori mondiali di amianto. Per le sue caratteristiche di resistenza al calore, duttilità e basso costo, nel nostro Paese questo materiale è stato massicciamente impiegato nell’industria e nelle costruzioni: 3 milioni di tonnellate solo tra il 1984 e il 1988. Sul territorio nazionale si stima la presenza di 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture in cemento amianto, pari a circa 32 milioni di tonnellate. Inoltre, vi sono molte tonnellate di amianto friabile, per un totale di 8 milioni di metri cubi (dati Cnr, 2005). La produzione nazionale di amianto grezzo nel 1970 supera quella degli Usa e nel 1976 raggiunge l’apice con 164.788 tonnellate (fonte: rapporto Renam, ottobre 2006).

Da quando è stata messa al bando, nel 1992, dalla legge 257, per accertata nocività, la cosiddetta “fibra killer” – utilizzata in molti comparti (tra i principali: edilizia, costruzione e riparazione rotabili, cantieri navali, industria alimentare) – ha continuato a mietere vittime, persone colpite da malattie che, in alcuni casi, come il mesotelioma maligno, si manifestano in genere dopo trenta, quarant’anni dall’esposizione. Ecco perché gli epidemiologi dicono che il picco dei malati si raggiungerà presumibilmente nei prossimi cinque-dieci anni.

EMILIA-ROMAGNA, REGISTRO REGIONALE MESOTELIOMI: 2.127 CASI – L’Emilia-Romagna, con un’esperienza che precede quella nazionale, ha adottato dal 1996 il Registro regionale dei mesoteliomi maligni (ReM Rer): il mesotelioma è una patologia mortale la cui insorgenza è quasi sempre correlata all’esposizione all’amianto e la cui incidenza negli ultimi anni è aumenta, e non solo in Italia.

Dai dati dell’ultimo report ReM Rer, aggiornato al 31 dicembre 2014, i casi di mesotelioma maligno riscontrati dal 1996 su cittadini residenti in Emilia-Romagna sono arrivati a 2.127 e nella gran parte di essi è stata accertata l’esposizione all’amianto. I dati indicano un trend di crescita: negli ultimi anni i casi rilevati sono più che raddoppiati, passando dai 73 l’anno del 1996 ai 154 del 2013.  Il 74,7% dei casi è stato diagnosticato dopo i 64 anni, l’1,9% prima dei 45 anni e il restante 23,4% nella fascia d’età 45-64 anni. Nella maggioranza dei casi si tratta di uomini (1.529, il 72% circa). La provincia più colpita è Bologna con 474 casi in totale dal 1996, ma se si valuta il dato in rapporto alla popolazione residente l’incidenza maggiore di questa malattia si riscontra nella provincia di Reggio Emilia, con 308 casi. Per quanto riguarda le altre province, si registrano, sempre al 31 dicembre 2014, 188 casi in quella di Piacenza, poi 254 in quella di Parma, 220 in quella di Modena, 224 in quella di Ferrara, 217 in quella di Ravenna, 150 in quella di Forlì-Cesena e 92 in quella di Rimini.

“In considerazione della sua pressoché totale letalità- spiega il dottor Antonio Romanelli, del Registro mesoteliomi della Regione Emilia-Romagna– il mesotelioma maligno tende sempre più ad assumere rilevanza sociale, con un impatto superiore a quello degli infortuni mortali sul lavoro denunciati. I dati Inail relativi a questi ultimi, nel periodo 2007-2012 mostrano, in effetti, una incidenza alquanto minore, 603 casi totali (113, 117, 91, 91, 94 e 97 casi per ciascun anno) contro gli 804 registrati dal ReM nello stesso periodo (115, 133, 121, 130, 152 e 153)”.

BONIFICATI 776 SITI, NE RESTANO 422. MAPPA ON LINE – Per quanto riguarda la presenza di amianto negli edifici, in Emilia-Romagna dal 1996 la Regione è intervenuta con una serie di provvedimenti, a partire dal Piano regionale di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica per la difesa dai pericoli derivanti dall’amianto (approvato dal Consiglio regionale con la delibera 497/1996). In prima battuta si è avviato il censimento degli edifici pubblici e privati con presenza di amianto friabile (tra il 1997 e il 2000) e alle relative opere di bonifica. Successivamente, con il progetto ‘Mappatura delle zone del territorio regionale interessate dalla presenza di amianto’, affidato all’Arpa sezione provinciale di Reggio Emilia, si è provveduto al censimento dell’amianto di matrice compatta (meno pericoloso di quello friabile) nei luoghi ad uso collettivo: scuole, ospedali, cinema, teatri, luoghi di culto, impianti sportivi, biblioteche, grande distribuzione. Il primo elenco, pubblicato nel 2005, viene da allora continuamente aggiornato (i dati sono accessibili sul sito dell’Arpa Emilia-Romagna). Dei 1.198 edifici pubblici o privati aperti al pubblico inizialmente censiti, ne sono stati bonificati 776 (dati aggiornati al giugno 2014): ne rimangono 422, compresi quelli su cui sono stati effettuati gli interventi di parziale rimozione o bonifica intesa come incapsulamento/confinamento e che sono stati riclassificati dopo questi interventi. Su tutti questi siti le Aziende Usl svolgono attività di controllo e vigilanza per verificare che i proprietari mettano in atto tutte le procedure previste dalla legge per la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini.

Nel dettaglio, risultano 49 siti in provincia di Bologna, 48 in provincia di Ferrara, 33 nella provincia di Forlì-Cesena,82 in provincia di Modena, 36 in provincia di Parma, 50 in provincia di Piacenza, 41 in provincia di Ravenna, 66 in provincia di Reggio Emilia; 17 in provincia di Rimini. Nessuno dei siti si trova in classe 1, alla quale viene associato il giudizio peggiore nella scala da 1 a 5 che individua una serie di parametri di valutazione del rischio.

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