Benvenuti nell’archivio di sulpanaro.net
Qui sono disponibili tutti gli articoli pubblicati del nostro quotidiano dal 1/1/2015 al 30/6/2020
Tutti gli articoli successivi al 30/6/2020 sono disponibili direttamente sul nostro quotidiano sulpanaro.net

Il sanfeliciano e la ragazza di Chernobyl, una storia d’accoglienza e d’amore

da | Feb 15, 2017 | In Primo Piano, San Felice sul Panaro, Personaggi | 0 commenti

E’ festa oggi tra l’Emilia e la Bielorussia. E’ nata una bambina, Sophia, dall’amore tra un giovane sanfeliciano e una ragazza di Chernobyl. Sono Davide Calanca, architetto di 37 anni, e Zinaida Sinila, pediatra di 34, emozionatissimi neogenitori che ringraziano con tutto il cuore chi li ha fatti conoscere e il grande progetto di accoglienza che c’è dietro. Parliamo di Giliana Galeotti, ex maestra ora assicuratrice di successo, che ormai da anni si prende cura dei bambini bielorussi che subiscono le tante conseguenze dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl. Tra le tantissime attività che porta avanti, anche l’ospitalità estiva di questi bambini nelle case emiliane, per permettere loro di di stare almeno per un mesetto in un ambiente più sano di quello di casa loro e di svolgere controlli medici cui in Bielorussia non avrebbero accesso. Un progetto, dicevamo, che è in corso oggi (e per il quale si cercano come sempre famiglie pronte a ospitare questi bambini) ma che di anno in anno ha visto crescere tanti bimbi, fattisi adolescenti e poi uomini e donne. 

Tra queste c’è Zinaida. La sua mamma è la responsabile del progetto sul fronte bielorusso, e per questo il gruppetto di sanfeliciani capitanati dalla meravigliosa Giliana ha frequentato tantissimo la sua casa di Minsk. Tra di loro c’era anche Davide Calanca, ieri adolescente curioso di scoprire il mondo, oggi affermato architetto, che ha incontrato proprio in questo modo la donna della sua vita.

Racconta Davide: “Ci siamo conosciuti nel 2005, a casa sua a Minsk dove Giliana da 15 anni organizza l’accoglienza dei bambini di Chernobyl. Mia suocera era l’accompagnatrice dei nostri bimbi, io prendevo un bimbo in famiglia. Zina, veniva in Italia già da tempo, andava in Friuli, Toscana e varie location, anche come accompagnatrice, ma qui in Emilia non era mai venuta”. L’incontro a Minsk fu da “amore a prima vista, che però tardò a svelarsi perché eravamo frenati dalle difficoltà che lo cosa avrebbe comportato. In più lei è figlia unica,  quindi i suoi le dicevano: “Sì, Davide è un bravissimo ragazzo ma è italiano, e l’Italia è troppo lontana”.

La  relazione a distanza va comunque avanti per 4 anni e si arriva subito al matrimonio, in Rocca dal 2011 per permettere a Zina, la quale per la burocrazia necessita del permesso di soggiorno, di venire a vivere in Italia da subito, rimandando all’anno successivo il matrimonio religioso. In più, nonostante tre lauree e un posto da direttrice di un ospedale pediatrico della capitale bielorussa, in Italia perde ogni riconoscimento legale della propria professione: questo la dice lunga sui sentimenti che li lega e sfata sul nascere alcune maldicenze.

Regalo di nozze della Bassa, il terremoto, che costringe la giovane coppia a vari disagi (cinque traslochi in un anno) e dopo, a luglio 2012, al matrimonio religioso sotto la chiesa tenda, di cui oggi resta soltanto una croce in un parcheggio. “Lei, comprensibilmente, non dorme più dopo il terremoto, ha paura folle, loro non sanno cosa siano i sismi, in Bielorussia non esistono. Però ormai se ne è fatta una ragione, e mostra molta empatia per i nostri concittadini coinvolti in continue calamità. I corsi di formazione che seguo come architetto li segue anche lei, questo aiuta molto la sua conoscenza dei presidi antisismici e la capacità di giudizio che ora ha della sicurezza strutturale”

E ora è arrivata una bambina, una gioia incontenibile.”Abbiamo chiamato nostra figlia con un nome che sia comprensibile in italiano e in bielorusso, Sophia, come sua nonna”.

Ma quel che è da sottolineare – cosa più che necessaria in questo momento in cui le parole di accoglienza e amore sono così svuotate di significato – è ciò che sta alla base di tutto questo. “Noi siamo solamente il frutto di quel progetto che va coltivato tutti gli anni, avendo ben chiaro l’orizzonte e che si fa molta fatica a portare avanti, seppure con grandissime soddisfazioni. Un progetto di accoglienza e confronto che ti cambia la vita, alcune famiglie sanfeliciane sono andate in Bielorussia, dove arrivò la nube della centrale nucleare, per vedere le reali condizioni di vita di questi bambini: sono paesi sperduti, con poche prospettive scolastiche e professionali, dove la scuola rimane in piedi con gli aiuti italiani coordinati da Giliana, e costituisce il nucleo sociale delle borgate. Le famiglie sanfeliciane hanno tenuto questi bambini per molte estati, e i bambini ne hanno avuto un risanamento certificato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: basta un mese all’anno per far migliorare sensibilmente la loro salute e migliorare la risposta immunitaria, nel mentre si creano legami ed amicizie forti, che possono durare per la vita. Tanti bambini sono cresciuti, lavorano, sono sposati, hanno figli, hanno imparato i migliori valori civici in Italia, è stato ed è un progetto che ha funzionato e che, chiude Davide, deve essere portato avanti.

 

Condividi su: