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Brexit: le imprese stanno a guardare

da | Ago 2, 2017 | Glocal | 0 commenti

di Andrea Lodi

Il Regno Unito ha dimostrato, non negli anni, ma nei secoli, di avere le risorse e le capacità per uscire da situazioni difficili. Anzi, sembra che gli strateghi di Londra, abbiano dimostrato nel tempo di essere in grado di fare qualcosa, “ai più” irrealizzabile: trasformare le minacce in opportunità.

Un secondo referendum?

Mentre la vecchia politica londinese sta cercando di invocare, senza troppi giri di parole, un secondo referendum per fermare la Brexit, i politici che hanno ben salde le loro membra negli scranni del potere, parlano di soft Brexit, di accordi con l’Unione europea per pianificare un’uscita formale, ma che nella sostanza mantenga gli accordi di collaborazione, soprattutto in ambito economico e finanziario.

C’è però un problema politico che non può essere trascurato, si chiama “democrazia”. Per i politici europeisti, prendere posizioni esplicite contro l’uscita dall’Unione, potrebbe sembrare antidemocratico, con il popolo del Leave, pare, pronto a previsioni di tumulti sociali se la volontà del popolo dovesse essere disattesa. Dal punto di vista economico però la Brexit sta pesando molto sulla bilancia economica del Regno Unito. Si tratta di una scelta difficile: salvare l’economia o rischiare eventuali proteste da parte di qualcuno?

Il ruolo dell’Unione Europea dovrebbe proprio essere questo; convincere i Leavers, con argomentazioni condivise, che l’uscita potrebbe impoverire in modo significativo l’intera popolazione: Leavers e Remainders. Nella convinzione, non condivisa da tutti, che le difficoltà del Regno Unito, potrebbero rappresentare un problema per tutti.

Salvare il Regno Unito significherebbe quindi salvare l’Europa.

Il vero problema è convincere i cittadini che c’è bisogno di un secondo referendum. Ma siamo convinti che nel caso di una seconda chiamata alle urne, questa volta i Leavers perderebbero? Certamente il referendum andrebbe pensato in modo diverso, tenendo separata, ad esempio, la questione immigrazione dalle contrattazioni commerciali.

Per gli europeisti, il pericolo maggiore è che i costi reali della Brexit diventino palesi solo dopo che il Regno Unito sarà uscito, quando sarà troppo tardi per rovesciare la decisione.

Problemi all’economia (e non solo)

Un altro problema, non secondario, è la debolezza del Governo May. Contrasti interni al Governo e divisioni tra i parlamentari in merito alle priorità da portare al tavolo dei negoziati a Bruxelles, rischiano di creare un clima di confusione e favorire le manovre antieuropeisti (o meglio, nazionaliste) di alcuni Paesi aderenti.

Basti pensare agli attacchi che ha ricevuto Philip Hammond, Cancelliere dello Scacchiere, osteggiato in quanto sostenitore di un’uscita “morbida” dall’ Unione Europea, “per proteggere la nostra economia,– afferma il Cancelliere – tutelare posti di lavoro e garantire che il nostro livello di vita resti elevato”.

Brexit sta già avendo un impatto negativo sull’economia, ha sottolineato il Cancelliere, perché l’incertezza costringe le imprese a stare alla finestra. “È assolutamente evidente che le imprese stanno sospendendo gli investimenti quando possono, e questo è comprensibile, – ha detto. – Stanno aspettando chiarezza su quali saranno i rapporti futuri con l’Europa”.

Secondo un recente sondaggio della Cbi, la Confindustria britannica, il 42% delle imprese sostiene che Brexit ha avuto un impatto negativo sui loro progetti di investimento.

“Per aiutare il business a restare ottimista e tenere a bada l’incertezza, il Governo deve concordare in tempi brevi i termini del periodo di transizione e dei futuri rapporti commerciali – ha detto Rain Newton-Smith, chief economist della Cbi –. Per questo la Cbi ha proposto di restare nel mercato unico e nell’unione doganale fino all’entrata in vigore dell’accordo definitivo. Solo così gli scambi potranno continuare senza interruzioni o salti nel buio».

Insomma, si profila un futuro non tanto roseo per il Governo May, e per il Regno Unito, con Hammond che è visto, all’interno del partito Conservatore, come il successore della May, ed il Ministro degli Esteri Boris Johnson, che non ha alcuna intenzione di stare a guardare. Occorre attendere il rientro dalle ferie, per vedere cosa avranno pensato all’interno del partito Conservatore, per evitare di perdere quel grande valore aggiunto che il Regno Unito è riuscito a creare dagli anni ’90 ad oggi.

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