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La meritocrazia (la regola dell’arte) – di Guido Zaccarelli

da | Ago 17, 2017 | Mirandola, San Felice sul Panaro, Rubriche | 0 commenti

di Guido Zaccarelli*

Eseguire un lavoro a regola d’arte è nella natura stessa dell’animo umano che si esprime informe grazie alla messa in atto delle sue abilità, un’arte invisibile che lo rende unico nel suo genere e capace di eseguire in modo semplice attività che per altri diventano impossibili.

L’arte ci riporta al Cosmo la cui origine greca consente all’individuo di cogliere nelle radici della sua etimologia il senso profondo del fare ordinato della vita e della sua stessa esistenza: “fatto ad arte” in ogni suo aspetto, corpo, sostanza e potenza capace di esprimere l’insieme coordinato di ogni forma di energia che si dispone per raggiungere il bene comune. L’arte è anche tecnica, l’insieme delle arti manuali che accomuna artisti e artigiani di tutti i campi dove l’ideazione, la creatività e la messa in opera sono le espressioni fiorenti dell’esistenza dell’uomo e della sua capacità di essere unico in un contesto illuminato dalla luce e dall’energia dello Spirito.

Il lavoro ci riporta invece al senso di fatica e, più indietro nel tempo, nel realizzare le cose con impegno, buona volontà e intraprendenza. Di fronte a tutto questo l’uomo avverte un senso di smarrimento e innanzi all’immensità delle cose emerge lincanto che si appropria di un suo linguaggio e, da attento osservatore, vede l’uomo proiettato nella magia del fare. Una meraviglia che ancora l’uomo non è riuscito a spiegare se non associandolo al dono, qualcosa che ha ricevuto alla nascita per vivere a pieno titolo la sua esistenza e che lo accompagna in ogni momento della sua vita a contatto con la realtà di tutti i giorni. Un lavoro a regola d’arte nasce quindi dal desiderio dell’uomo di realizzare ogni volta qualcosa che possa restare nel tempo affinando ogni giorno l’arte del fare per raggiungere l’eccellenza.

Per ottenere tutto questo l’uomo deve essere posto nelle migliori condizioni ambientali per godere della luce proveniente dal proprio habitat indispensabile per porre a maturazione i frutti ricevuti. Deve ricevere soddisfazione per ciò che realizza, essere riconosciuto nella sua identità personale, professionale e sociale, essere valorizzato, sentire forte il senso di appartenenza inteso come «il significato che le persone attribuiscono all’unità di misura dello stare insieme». Deve cercare di dare un senso profondo alla sua esperienza quotidiana che assume un valore pieno quando viene canalizzata per realizzare un compito. Qui entra in scena la meritocrazia, l’unica in grado di valutare il merito, che al pari di un faro, illumina l’uomo dedito al lavoro alla ricerca dell’eccellenza. Non sempre riesce a cogliere il valore e il senso del merito, privilegiando altri aspetti e dimensioni dell’uomo, relegando le doti all’ombra del numeratore di una frazione.

Essere al denominatore significa non vedere la luce del sole e perdere come le foglie, la clorofilla dell’anima. Il desiderio esce di scena ed entra in campo il bisogno che rimane l’unico aspetto che tiene in vita l’uomo in perenne contatto con il lavoro: la retribuzione per ciò che si è fatto e non per tutto quello che si aveva in animo di fare. Il merito alla lunga lascia dietro di sé i segni della sua esistenza e come un meteorite si disperde nel cosmo, aprendo le porte a coloro che con il merito hanno poco a che fare, lasciandoli liberi di affossare coloro che con il lavoro avevano sognato un’esistenza migliore. La meritocrazia, ha perso molti soldati al fronte, una o più battaglie, non importa quante, ma non la guerra. Innanzi ad un cosmo in perenne movimento siamo ancora in grado di cambiare lo stato delle cose, laddove intravediamo la presenza di situazioni in forte contrasto con l’etica, perché «il vero patrimonio dell’uomo è nella meritocrazia in grado di attribuire il valore all’arte del fare. Non lasciamo ad altri la possibilità di vincere questa sfida».

*Guido Zaccarelli, nato a San Felice sul Panaro, vive a Mirandola in provincia di Modena. È referente del Servizio Informativo dell’Azienda Sanitaria di Modena e docente di Informatica a contratto presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Ha pubblicato Insieme verso la conoscenza (Athena Editore 2011) e La conoscenza condivisa (Franco Angeli Editore 2012).

 

 

 

 

 

 

 

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