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Sanità: cosa resta degli ospedali della Bassa? Una cronistoria per aiutare a capire

da | Apr 7, 2014 | Approfondimenti, Infrastrutture, Notizie | 0 commenti

ingresso_PS_ospedale_ramazzini_carpiE’ uno dei temi “caldi” soprattutto ora che siamo in campagna elettorale: la sanità, le scelte sugli ospedali, sulle strutture, sulla gestione. I sindaci in carica sono accusati di aver svenduto il patrimonio sanitario, chi governa invece rassicura che nulla cambia e il servizio è sempre ottimo, le associazioni esprimono preoccupazioni e lanciano allarmi.
Ecco allora che pubblichiamo un contributo che può essere utile a tutti i cittadini per farsi un’idea della situazione, una cronistoria che ripercorre a tappe quello che è accaduto nel corso degli anni. Lo ha redatto Ubaldo Chiarotti, uno dei rappresentanti storici dei comitati di cittadini che seguono i problemi sanitari nella Bassa.

Il contributo non ha nessuna velleità storiografica, e lo stesso Chiarotti dice che “chiunque può aiutarmi a correggere eventuali inesattezze o ad aggiungere informazioni documentandole, è pregato cortesemente di farlo; correggerò ben volentieri il testo”.

RE-MO-BO prossimità

Ecco cosa scrive Chiarotti.

Anni ’80: nel nostro territorio esistono 4 ospedali che rispondono in modo ottimale alle esigenze del territorio e non solo; Mirandola essendo il comune più grande ha l’ospedale più importante, ma non si possono scordare Concordia con la sua eccellenza di ortopedia che richiama gente da tutta l’Italia; S. Felice con i suoi medici di cardiologia e medicina non può essere scordata  e tantomeno Finale Emilia……

Anni ’90: dal governo vengono emanate direttive di tagli alla spesa pubblica (spending review attuale) e all’Ausl 15, quella che comprendeva i comuni dell’attuale Area Nord diretta dal dott. Pinelli, si prevede di chiudere 3 ospedali su 4, per poter concentrare gli sforzi su un unico ospedale di zona, quello di Mirandola, che  – ricordo- la Regione tramite il suo assessore alla sanità aveva promesso che sarebbe diventato il Policlinico della Bassa.
Così chiudono gli ospedali di Concordia e S.Felice, si tenta di chiudere da subito anche quello di Finale, ma la resistenza tenace dei finalesi e la posizione geografica oltremodo sfavorevole (un passaggio a livello che spesso bloccava le ambulanze anche 20 minuti tra Cividale e Mortizuolo), ottiene di conservare un presidio ospedaliero ridotto sì all’essenziale ma funzionante.

 Il dott. Pinelli Marino, direttore dell’Usl15 prevede anche tagli di bilancio, di personale e sugli appalti, con risparmi in pochi anni di 4 miliardi di lire, con i quali costruisce i primi due piani dei 5 previsti dell’ospedale di Mirandola.Così a Mirandola cresce l’ospedale, si vedono i primi due piani.
Nel 1994 comincia a prendere corpo il progetto del terzo piano nel quale si prevedeva di sistemare il reparto di nefrologia e dialisi, per i quali il dott. Veronesi  – ricordo – si era impegnato a donare tutta l’attrezzatura medico scientifica necessaria,  e si diceva che anche la Cassa di risparmio fosse pronta a sborsare ingenti finanziamenti. Il dott. Pinelli presenta quindi la richiesta di finanziamento alla Regione per l’allargamento del nostro ospedale al terzo piano.

Intanto, però, nuovo riordino della sanità con cancellando le USL e facendo nascere le AUSL provinciali. Il dott. Pinelli viene mandato a Bologna e poi a Parma,  l’USL 15 chiude e viene inserita nella nuova AUSL provinciale.
Del terzo piano dell’ospedale di Mirandola non si parla più.

Ma a Modena si comincia a progettare l’ospedale di Baggiovara e si prevedono le chiusure di ancora altri ospedali: Estense,  S.Agostino, Formigine, Sassuolo.

Solo Sassuolo, nonostante sia a pochi chilometri di distanza da Baggiovara, riesce a evitare la chiusura, e successivamente viene ceduto ai privati.

Arriva il terremoto

Il sisma del 2012 ha messo in piena evidenza il sovradimensionamento di Baggiovara rispetto al territorio, infatti i due ospedali di Mirandola e Carpi trasferiti quasi in toto, medici e pazienti a Baggiovara non hanno creato lì disagi tali da finire sui giornali .

Nel frattempo nuovo riassetto all’Ausl  di Modena, con la chiusura dell’ospedale di Finale e la riduzione dell’ospedale di Mirandola ad “ospedale di prossimità” con la concentrazione delle specialistiche tra Policlinico, Baggiovara, Sassuolo e Carpi.

Ma guardiamo geografia e viabilità della provincia: gli abitanti delle valli basse di S.Martino Spino e quelli dell’alta montagna di S.Anna Pelago sono costretti a percorrere 80-90 km prima di raggiungere un ospedale che non sia solo di prossimità.

E qui sorge spontanea la domanda: Perché anziché concentrare tutte le specialistiche nel raggio di 10-15 km tutte a ridosso della via Emilia già servita anche dalle strutture sanitarie di Bologna e Reggio, non si è pensato di distribuirle equamente sul territorio magari investendo a Pavullo ed a Mirandola per dare risposte eque sia agli abitanti dell’alta montagna che a quelli della bassa pianura?   A chi ha giovato l’investimento di denaro pubblico a Sassuolo per poi cederlo a privati?

Ora si apprende dai giornali che si stanno investendo 72 milioni di  euro al policlinico di Modena; 30 per abbattere la parte più obsoleta, 42 per ricostruirla…….  

La domanda sorge ancora una volta spontanea: perché prima di spendere tanto denaro pubblico non si prova ad ottimizzare al meglio le strutture di Baggiovara, magari spostandovi qualche reparto del policlinico e risparmiare, così da poter redistribuire i risparmi tra Pavullo e Mirandola trasformandoli di nuovo in ospedali di zona e non più di prossimità?”

 

 

 

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