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Istat e droga, arriva il Nil che conta le nefandezze – Editoriale di Andrea Lodi

da | Gen 7, 2015 | Editoriale | 0 commenti

Andrea_Lodi  di Andrea Lodi*

Un nuovo indicatore economico: il NIL, Nefandezze Interne Lorde

Premessa

Nell’ormai lontano 2007, presi parte ad una delegazione di consulenti italiani in terra madrilena. Una funzionaria della Confederazione Spagnola delle Cooperative, ci parlò, con molto orgoglio devo dire, delle cooperative di prostitute. In Spagna, da diversi anni (e non dal gennaio 2014 come scrivono alcuni giornali) la prostituzione è stata legalizzata e le operatrici del settore possono organizzare il proprio lavoro in forma cooperativa.

Sempre in Spagna, come in altri Paese europei, esiste anche la legalizzazione delle droghe leggere, con la costituzione dei cosiddetti “Cannabis club”, luoghi dove è possibile la coltivazione ed il consumo.

In Spagna attività “illegali” come droga, prostituzione e contrabbando, nel loro complesso, rappresentano circa il 4,5% del PIL spagnolo, metà del quale, circa, è costituito da attività che per la legislazione spagnola è considerata legale.

Il fatto

Nel corso del 2014 l’Eurostat ha stabilito che attività illegali come traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol) entreranno nel “panel” per il calcolo del PIL nazionale.

In realtà, spiegano dall’Istat, si tratta di un processo di “armonizzazione”, in quanto il PIL misura ormai da decenni tutta l’attività economica, sia dichiarata che sommersa. Con il nuovo metodo, verrà solo armonizzato il sistema di analisi delle attività illegali così come concordato dalla Ue nel 2012.

La ragione per la quale si includono anche le attività illegali, spiegano dall’Istat, “è per riflettere meglio lo stato dell’economia: tutte le attività economiche e le transazioni devono essere prese in considerazione per dare un’accurato quadro dei consumi e del PIL, siano essi legali o no”.

Il commento

Quanto ci spiegano dall’Istat in realtà non può smorzare le polemiche in corso. Sapere che già da tempo consideriamo le attività illegali parte della “ricchezza” prodotta dal nostro Paese, è inquietante.

Non si può dare torto al segretario dell’ANM Maurizio Carbone, quando definisce una “mostruosità” queste scelte e denuncia che “in questo modo si fa un favore alle cosche, alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta, riconoscendo loro uno status di produttrici di ricchezza e di lavoro”.

Come possiamo paragonare le attività economiche che contribuiscono al benessere del nostro Paese, con attività invece che generano degrado morale, che alterano i meccanismi della concorrenza a favore di chi non ha scrupoli etici, e sul piano sociale producono oppressione e sfruttamento brutale?

Nel lontano marzo del 1968 Robert Kennedy denunciava, in un discorso, l’inadeguatezza del PIL come indicatore di benessere di un Paese: “il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalla carneficina di fine settimana. Mette nel conto programmi televisivi che valorizzano la violenza. Cresce con la produzione del napalm, missili e testate nucleari. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America – concludeva – ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

Conclusione

Se per i tecnici dell’Istat il ricalcolo del PIL con le attività criminali non è un misuratore di benessere ma serve ad avere un quadro più reale del funzionamento di un sistema economico, perché allora non creiamo un indicatore specifico per le attività illegali ? Potremmo chiamarlo NIL (Nefandezze Interne Lorde), oppure prendiamo la strada tracciata già da tempo da Paesi come la Spagna, rendendo legali alcune attività illegali. Semplice.

Andrea Lodi (redazione.economia@sulpanaro.net)

Articolo tratto da Economix, rubrica di economia di PiacenzaSera.it

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