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Cinema che fu: Fantozzi icona moderna

da | Mar 8, 2016 | Cinema, Recensioni | 0 commenti

Ha senso ancora oggi riscoprire i film di Fantozzi? Riguardandoli con occhio critico sì: sotto l’aspetto da comiche di bassa lega si cela un aspetto profondo, un’icona moderna che viene sminuita da puzzette e quant’altro. Buona lettura!

Fantozzi viene fatto vedere ai bambini alla stregua delle comiche, è un caso umano: con la sfiga che persevera sulla sua vita è difficile non ridere. Una moglie con i capelli grigio topo, una figlia che rassomiglia ad una scimmia, una fiat scassata come auto, un lavoro dove viene vessato e dove deve coprire i colleghi assenteisti e un cognome che viene storpiato in continuazione (Fantocci, Pupazzi…).

Un uomo rassegnato all’umiliazione che però non perde mai di vista la sua umanità: quando deve chinare il capo davanti al potente di turno prova, nella sua maniera ovviamente, a ribellarsi. Con risultati tragicamente divertenti naturalmente, ma ci prova, tira ancora una volta i dadi per vedere se cambia qualcosa.
L’evidenza è nel suo comportamento: non potendo cambiare lavoro prova a scambiare la figlia al parco e rincorre eternamente la signorina Silvani (personaggio di donna bella ed effimera, con una grande solitudine e un’esistenza basata sull’apparenza): in uno dei vari film lei arriverà anche a concedersi (prima a Cortina e poi per disperazione), ma nella seconda occasione Fantozzi rifiuterà. La riconferma che Fantozzi ha una sua dignità e integrità morale.

Fantozzi è un disadattato sociale, che fatica a trovare il suo posto in società e non ha ricevuto le regole sul come comportarsi, creando equivoci imbarazzanti in tutte le situazioni. Fantozzi rimane però genuino, senza nascondersi dietro al classico dito dell’ipocrisia: conscio del suo stato si sbraccia per uscire da questa melma avversa per regalarsi un momento di gioia, mentre invece i suoi colleghi fingono di essere ciò che non sono per omologarsi.

Il momento emblematico è in Fantozzi va in pensione: tutti i suoi colleghi che fingono gioia e gaudio per essere pensionati si ritrovano, con lui, in una specie di girone dantesco a lavorare come indefessi. Il paradosso dell’ironia: da fedeli assenteisti a indefessi lavoratori una volta raggiunta l’età pensionabile.

Il nostro buffo eroe arriverà a capeggiare una rivoluzione, quando afferma che la corazzata Potemkin è una boiata pazzesca: in un clima da G8 Fantozzi finalmente può guidare un gruppo di fedeli contro il comune nemico.
Rimarrà un volo pindarico che finirà con i fumogeni della polizia e la rievocazione della pellicola distrutta, ma riconosciamo onore al merito: sempre meglio aver tentato e rischiato, ogni tanto uscire da un’esistenza grigia può aiutare.

Ma la più grande ricchezza di Fantozzi, che lo voglia riconoscere o meno, è la moglie Pina: sempre vicina a lui, anche se non lo ama (ti stimo moltissimo), nel corso delle varie pellicole vedremo che arriverà a lavorare di nascosto per dare soddisfazione alle passioni del marito (dal telefono a luci rosse al cancellare gli zeri una volta in pensione).
Una donna che gioca di rimessa, imprigionata anche lei da una bruttezza e da un’incompatibilità sociale: il flirt amoroso non corrisposto vero il panettiere Diego Abbantantuono le fanno capire che non può essere sicuramente un’amante, dovrebbe tenersi stretto suo marito.

Fantozzi sulla via dell’amore devia parecchie volte, illuso da un’aleatoria seconda possibilità con la signorina Silvana, romana burina che ha sempre guardato al portafoglio più che al vero amore. Il nostro protagonista cade nelle maglie malefiche e si concede avventure ben al di sopra delle proprie possibilità, sprofondando ancora di più nella consapevolezza che non è quello il suo posto.

Ma Fantozzi è un personaggio profondo, che ha la coscienza del suo essere: quando si rende conto dei sacrifici della compagna per renderlo felice fa un passo indietro, e le dice quello che pensa veramente.
Due casi eclatanti: la confessione di una vita di fallimenti e sfighe indicibili a Jessica (improbabile centralinista erotica interpretata da Pina per pagare le bollette del marito) e la rinuncia al secondo lavoro (per evitare che Pina venisse colta da un coccolone, a forza di pulire e cucinare).

Si continua a ridere, certo, di tutto quello che gli capita: è pur sempre una macchietta dei nostri difetti, delle nostre bassezze, del putridume dell’animo umano, dei colpi bassi a cui si deve far fronte per rimanere a galla.
Però gli italiani, vedendo queste inenarrabili avversità, si sono riconosciuti in questo personaggio e ne hanno tributato il successo, notando anche il suo aspetto umano (quando il giullare toglie la maschera mette a nudo la sua identità).

Ridiamo quindi delle nostre bassezze e riflettiamo sul personaggio di Fantozzi, che risulta più complicato e profondo di quanto possa sembrare: un buon modo per scoprire che, a conti fatti, in mezzo a tanta ipocrisia rimane l’unica persona sincera conscia del proprio sè e del suo stato. Mai votato alla rassegnazione, sempre pronto a dire ai suoi aguzzini “com’è umano lei“, uno stoico cavaliere che combatte contro i mulini a vento dell’indifferenza.

E c’è chi li chiama ancora film di serie B, alla prossima.

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