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Alla scoperta dei diritti nel mondo del commercio elettronico

da | Gen 13, 2017 | Rubriche, Internet e la legge | 0 commenti

INTERNET

di Elisa Bortolazzi

Al giorno d’oggi tutti facciamo acquisti online perché è più comodo: siamo noi a decidere quando fare acquisti senza essere “vincolati” agli orari di apertura degli esercizi commerciali, il pacco ci viene recapitato direttamente dove lo desideriamo, i prezzi sono più competitivi perché si acquista direttamente dal grossista, o cogliamo le offerte del last minute.

Però alle volte, diciamoci la verità, se acquistiamo fisicamente negli esercizi commerciali controlliamo scrupolosamente la merce, la riportiamo se notiamo dei difetti (giustissimo, eh); mentre se facciamo acquisti in rete siamo molto più “permissivi” siccome non sappiamo a chi dobbiamo rivolgerci per delle lamentele, reputiamo faticoso chiamare lo spedizioniere o recarci in posta. Oppure temiamo che sia accaduto per negligenza nostra che non abbiamo letto attentamente le condizioni contrattuali oppure è lo stesso professionista che per distrazione sua ovvero approfittando della non praticità del consumatore, non fornisce tutti i dati che, invece, dovrebbe.

È giusto essere consumatori esigenti anche con il web perché anche nel mondo online vige la tutela del consumatore ed è un diritto di ogni individuo esigerla.

Analizziamo mediate un caso pratico i diritti che il consumatore può vantare e, conseguentemente, gli obblighi in capo all’esercente l’attività commerciale.

Navigando tra i vari siti web, ci balza all’occhio un articolo per colore, economicità od altro; però noi, siccome siamo consumatori consapevoli, prima di inserirlo passivamente nel carrello virtuale, vogliamo assicurarci che sia rispettata la tutela del consumatore; bastano pochi semplici click per scoprirlo.

Nel sito del fornitore deve leggersi in maniera esplicita nome e cognome di quest’ultimo, ogni contatto rapido che permetta di contattarlo direttamente e velocemente (ad esempio la mail), la ragione sociale del fornitore ( la registrazione al registro delle imprese, l’iscrizione all’albo del professionista), le caratteristiche della merce , incluso il prezzo in maniera, comprensibile a chiunque (occorre precisare che non si può pretendere “un linguaggio elementare”, in altre parole la terminologia tecnica è ammessa), i metodi di pagamento, i tempi e i modi di consegna ed il relativo importo, i codici deontologici seguiti, l’autorità giudiziaria competente a conoscere l’eventuali controversie che possono originare e la facoltà di esercitare il diritto di recesso.

Occorre soffermarci sulle ultime due clausole enunciate in precedenza: il diritto di recesso è un diritto che deve sempre ed obbligatoriamente essere concesso nei contratti conclusi telematicamente o al di fuori dei locali commerciali, ai sensi del Codice del Consumo, tale è la facoltà consente di restituire entro e non oltre 14 giorni dal ricevimento della merce o dalla prestazione del servizio, i prodotti che risultano difettosi o che non rispondono alle caratteristiche pattuite con il venditore. Vi sono però prodotti esclusi dal sopramenzionato diritto quali ad esempio: i software, gli alimenti, i prodotti realizzati su misura ed i pacchetti turistici. Tornando alla clausola di giurisdizione occorre dire che, anche in questo caso, ai sensi del Codice del Consumo, il luogo in cui si radica il processo quello in cui risiede o dimora il consumatore. Una condizione contrattuale che voglia derogare alle appena citate postille è nulla, cioè si considera come non apposta.

Gli imprenditori potrebbero dire: “Che ingiustizia, noi siamo gravati da tutti questi obblighi e invece il consumatore è super tutelato!” Tale affermazione non è per nulla condivisibile: l’utente è un soggetto debole nel senso che si trova in una condizione che se vuole la merce deve accettare il modulo standard e apersonale che gli viene fornito dal venditore, per cui alle volte, se proprio non vuole rinunciare a quel dato bene o a quello specifico servizio, è costretto ad accettarlo; ragion per cui occorre tutelarlo.

Le condizioni sopramenzionate vengono definite vessatorie, proprio perchè generano uno squilibrio tra il venditore ed il compratore. Queste clausole siccome sono ” sproporzionate” dovrebbero non essere meramente imposte al consumatore ma, al contrario, dovrebbero essere oggetto di trattativa tra quest’ultimo ed il fornitore (nella prassi accade assai di rado, un po’ perchè il produttore ne approfitta del fatto che il consumatore non sempre lo sa, un po’ poichè i traffici commerciali impongono celerità e certezza giuridica).

Come riconosciamo quando una clausola è vessatoria e quindi ci dobbiamo metter e in “allarme”? Se il regolamento è cartaceo, di fianco ad ogni clausola è richiesta la firma. Se la proposta contrattuale è telematica, occorre selezionare la clausola con il metodo del “point and click” e mettere la spunta, “il flag” altrimenti non si procede con l’ordine. Perchè sono richieste queste formalità? Proprio per far comprendere al consumatore che si trova di fronte a clausole vessatorie e firmando e come se dicesse: “Accetto la condizione, nella consapevolezza che genera squilibrio”

Un consumatore bravo e attento, deve leggere attentamente le condizioni contrattuali e non dire “Mi serve per cui mi adeguo”. No, assolutamente: se una clausola non va occorre segnarla al produttore, se non si ottengono i risultati sperati si intenta la controversia dinanzi all’autorità giudiziaria. Allo stesso modo occorre che il professionista sia in buona fede nei confronti del professionista e che lo agevoli nel compimento delle operazioni sul proprio sito mediante, ad esempio: il riepilogo d’ordine con la possibilità di eliminare i prodotti prima di procedere con l’inoltro, se opera in più stati predisporre il regolamento contrattuale anche in, almeno un’altra lingua diffusa, oltre a quella madre del venditore.

Ricordiamoci che è vero che il commercio è un gigante che travolge l’essere umano per la velocità e la tecnologia con cui viaggia, ma è pur vero che non deve assolutamente renderlo schiavo passivo, condizionandone ogni suo gesto; anzi tutto il contrario, l’ideale sarebbe che la negoziazione e le persone vivessero le proprie relazioni intrecciate si, ma pur sempre nel rispetto dei diritti e doveri reciproci.

*Elisa Bortolazzi, sanfelicana, è laureanda in Giurisprudenza

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