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Glocal – Le città-Stato esistono ancora

da | Mar 29, 2017 | Rubriche, Glocal, Economia | 0 commenti

di Andrea Lodi

Si può definire una città-Stato come una zona geografica, solitamente di piccole dimensioni, che si trova sotto la giurisdizione di un’unica città e gode di un grado più o meno ampio di sovranità.

Le città-Stato nella storia

Le città-Stato erano un’istituzione comune in molte civiltà antiche, come nell’antica Grecia (la polis), in Fenicia (dove spiccava Biblo) e nelle civiltà precolombiane degli Aztechi e dei Maya.

Poi durante il Medioevo, molte città-Stato, tramite alleanze, si trasformarono in veri e propri Stati più vasti.

Le città-Stato oggi

“Pur non essendo affatto entità sovrane, e anzi, in alcuni casi, godendo di un’autonomia revocabile da parte delle autorità centrali, alcune città o territori metropolitani sono dotati di poteri speciali o più ampi di quelli normalmente forniti nel proprio paese, per via del loro status amministrativo (come nel caso di molte capitali), per la loro particolare situazione geografica (come le città spagnole in Africa) o, semplicemente, per la propria particolare tradizione politico-amministrativa (come in Virginia)”, si legge su Wikipedia.

Tra queste ricordiamo Città del Vaticano, che con i suoi 0,44 Kmq di superficie è la città-Stato più piccola del mondo e Tokyo, che con circa 14milioni di abitanti è la città-Stato più popolosa del mondo.

In realtà se valutiamo il rapporto esistente tra le grandi Capitali e la capacità di produrre ricchezza del Paese di appartenenza, ci rendiamo conto che l’economia globalizzata è fortemente “metropoli-centrica”.

Lo dice il Pil. Secondo il rapporto «Global cities of the future», pubblicato da McKinsey, entro il 2025, sulle principali grandi aree metropolitane del pianeta, si concentrerà oltre il 65% del Pil mondiale. Fa eco a questa notizia l’Eurostat, secondo la quale, le persone che lavorano nelle grandi Capitali superano di numero i residenti.

Le prime dieci aree metropolitane per Pil in miliardi di dollari sono:

Tokyo – Giappone (1.520 mld), New York – USA (1.210 mld), Los Angeles – USA (790 mld), Seul – Corea del Sud (780 mld), Londra – Regno Unito (731 mld), Parigi – Francia (670 mld), Osaka – Giappone (655 mld), Chicago – USA (525 mld), Mosca – Russia (520 mld), Shanghai – Cina (517 mld).

Londra e Parigi, rispettivamente al quinto e sesto posto della classifica, sono le uniche Capitali europee presenti nella lista.

Per trovare due Capitali italiane bisogna andare in alto nella classifica, tra il 50° e 65° posto per trovare Milano (200 mld) e Roma (173 mld).

Un fenomeno che evidenzia in modo lampante questa tendenza ad un’economia “metropoli-centrica”: Tokyo e Osaka producono da sole il 43% circa del Pil del Giappone, mentre Londra produce il 28% del Pil dell’intero Regno Unito.

Un fenomeno che crea problemi … ma non solo

Dati interessanti, ma al contempo preoccupanti. I problemi generati da questo fenomeno sono già evidenti. Da un lato si assisterà ovviamente ad un depauperamento di vasti territori dal punto di vista economico, ad un aumento degli spostamenti di sempre maggiori masse di persone dai luoghi di residenza a quelli del lavoro, nonché ad un divario socio-culturale che sta già causando seri problemi di governabilità. Basti pensare al Regno Unito ed alla vittoria del “Leave” al referendum sulla Brexit, voluta dalla maggioranza della popolazione che vive nella provincia, ma non dai londinesi.

Di diversa opinione è Davide Reina, economista d’impresa e professore alla SDA Bocconi. “Nel mondo attuale pensare in termini di stati-nazione è sempre meno utile – afferma il professore – Il Pil pro capite di queste aree cresce perché sono i luoghi dove il ‘brain power’ del pianeta incontra il capitale e genera progetti, imprese, sviluppo. Le città che fanno parte di questa competizione possono porsi due obiettivi alternativi: diventare leader assoluti all’interno della rete, oppure puntare sulla specializzazione settoriale (IT, turismo, farmaceutico, etc…). Milano, data la dimensione ridotta, deve puntare sulla specializzazione”.

Siamo ad una svolta, ad un evidente passaggio dall’”economia delle nazioni” di smithiana memoria, alla “economia delle città-Stato”.

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