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Quando invitammo Papa Francesco a visitare la Bassa

da | Mar 31, 2017 | In Primo Piano, Mirandola, San Felice sul Panaro, Carpi | 0 commenti

Tentare non costa nulla, si dice. E infatti, SulPanaro.net ci ha aveva provato: lungi dal dire che la visita del Papa si debba a noi – naturalmente non è così, né vorremmo peccare di hybris – fa sorridere, letta oggi, la frase con cui si concludeva l’articolo sull’incontro del nostro direttore e dei giornalisti con il Pontefice, pubblicato sull’edizione dello scorso novembre del magazine cartaceo di SulPanaro.net. Testuale: «Azzardo: saremmo contenti che, un giorno, venisse dalle nostre parti. Papa Francesco ha sorriso, ha annuito, e sembra aver mormorato qualcosa che assomiglia a un “Chissà”. Mettiamola così: ci abbiamo provato. Ora tra i milioni di inviti c’è anche il nostro».

(da SulPanaro.net-il magazine, novembre 2016)

E SulPanaro.net incontrò Papa Francesco

di Antonella Cardone

Roma è lontana, se si parte dal cuore della Bassa. Non è tanto una questione geografica, ma di eco: di ciò che accade e ciò che serve dalle nostre parti martoriate dalla furia degli eventi, nei Palazzi romani arriva giusto una flebile voce. Sempre che arrivi. Geograficamente, è lontana solo se il tragitto lo si percorre a piedi, di corsa come fece poco più di un anno fa il podista sanfeliciano Enrico Monari, o in bicicletta, come hanno fatto altri indomiti nostri conterranei. Però la soddisfazione, in certi casi, è enorme: pensate ai bambini delle elementari che, un paio di anni fa, portarono un bello striscione sotto il balcone del Papa accompagnati dai loro maestri Domenico Bonadia e Federica Bergamini: “Ti vogliamo bene Papa Francesco”, avevano scritto a caratteri cubitali e coloratissimi.
Noi striscioni non ne abbiamo, ma l’emozione è la stessa. Sono invitati a Roma, in udienza privata da Sua Santità, i consiglieri dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Io sono una delle rappresentanti dei professionisti dell’Emilia-Romagna. Appuntamento con il Papa alle ore 12 del 22 settembre – scusate, rileggo: “appuntamento con il Papa”: credetemi, scriverlo è stranissimo – e bisogna essere in piazza San Pietro almeno alle 11. A Termini si prende la metropolitana, e il ricordo va al marzo 2013, quando quella stessa metropolitana, su quello stesso percorso da Termini al Vaticano, era piena di gente felice, felicissima, che andava a salutare il Pontefice appena nominato. Alla fumata bianca la voce era corsa rapidamente per tutta Roma, e chiunque fosse nella capitale quel giorno aveva lasciato quel che faceva per correre a vedere il nuovo papa. Una marea umana pregna di gioia (e curiosità) che correva per tutta l’immensa città. Un rito che si rinnova da secoli.
Stavolta la coreografia non è quella. Tant’è. Arriviamo ed entriamo nell’enorme palazzo che ospiterà la nostra udienza privata. Non poteva che essere magnifico: marmi cesellati, finestre intarsiate, lucidi e sconfinati pavimenti, imponenti (e colorate) guardie svizzere a far da sentinelle. Cerchiamo di esser discreti e di mantenere un tono per nascondere l’entusiasmo, ma non fare foto sarebbe… un peccato. La nostra sala si riempie presto, il protocollo è rigidissimo e quando arriva Papa Francesco, anche se l’aria è quella lì, non ci sono gli applausi. Non si usa. Rispettoso silenzio: ascoltiamo diligenti: discorsi sulla libertà di stampa e il dovere di informare, il Papa riempie l’orgoglio della categoria (testuale: «voi siete coloro che, in qualche modo, scrivono le prime bozze della storia») e ci invita a rispettare sempre le persone di cui scriviamo. Mi lascia perplessa un passaggio sulla formazione che vorrebbe farci il Vaticano, ma non è certo il luogo e il momento per fare polemiche, anche perché il Pontefice si dimostra empatico con chi gli sta davanti.
Empatico e paziente perché, al termine dei discorsi di rito, Papa Francesco riesce a ritagliarsi qualche minuto per ognuno di noi, in maniera del tutto inattesa. Non ero preparata all’eventualità, ma è venuto tutto naturale: mi ha stretto la mano mi sono presentata, ho spiegato che vengo dall’Emilia terremotata, che qui dirigo un quotidiano e che con me, quel giorno, era come se ci fossero tutti i miei lettori, ovvero tutti voi, la bella famiglia dal cuore grande della Bassa. Azzardo: saremmo contenti che, un giorno, venisse dalle nostre parti. Papa Francesco ha sorriso, ha annuito, e sembra aver mormorato qualcosa che somigliava molto a un: «Chissà».
Mettiamola così: ci abbiamo provato. Ora, tra i milioni di inviti, c’è anche il nostro.

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