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“Adelmo e gli altri”, 29 storie di confino di omosessuali durante il nazifascismo

da | Apr 19, 2018 | Finale Emilia | 0 commenti

In occasione della festa di Liberazione, verrà inaugurata lunedì 23 aprile alle 19 al Cassero lgbt center di Bologna (via Don Minzoni 18) la mostra “Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali nel materano”, un progetto di Agedo Torino a cura di Cristoforo Magistro. L’esposizione presenta, attraverso foto e documenti, le biografie di ventotto uomini provenienti da tutta Italia e confinati durante il fascismo nella provincia di Matera con l’accusa di pederastia. Accanto alle ventotto storie ce n’è anche una ventinovesima, questa volta di una donna, Gilda, confinata anche lei  nel 1940 perché tenutaria di una casa di tolleranza nel quale si consumavano rapporti omosessuali.

In occasione dell’inaugurazione, l’attore e regista bolognese Alessandro Tampieri presenterà in anteprima nazionale il reading “Confino. Frammenti per una tragedia mancata” ispirato proprio alle storie raccontate nella mostra. “Si è voluto dare il nome di Adelmo a questa mostra – spiega il curatore Cristoforo Magistro – perché così si chiamava il più giovane (18 anni) dei confinati dei quali si cerca di ricostruire le vicende. Si sarebbe potuto altrettanto a ragione intestarla a Giuseppe, morto probabilmente suicida a 22 anni (morto di omofobia, come oggi di direbbe) oppure a Catullo, confinato per la seconda volta a 51 anni; oppure a uno qualunque dei ventinove protagonisti di queste storie. Tutte hanno qualcosa che le rende uniche. Si tratta di storie, inevitabilmente parziali, ricostruite soltanto sulla scorta delle carte di polizia e degli atti giudiziari, nella consapevolezza che la vita delle persone a cui si riferiscono fu più complessa e – si spera – serena di quanto risulta da quella documentazione”.  Cristoforo Magistro, insegnante di Storia in pensione e ricercatore per passione, ha ricostruito queste vicende consultando gli archivi di Aliano, il paese del confino di Carlo Levi,  e  quelli di Matera: lì venivano conservati i documenti che per settant’anni sono rimasti coperti dal segreto previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto contenenti  dati personali  detti sensibilissimi , cioè “idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o i rapporti riservati di tipo familiare” ( artt. 122-127 del decreto legislativo 42/2004). Il racconto delle persecuzioni degli omosessuali durante il nazifascismo, pertanto, solo di recente è entrato a far parte del lavoro degli storici: la vicenda più nota fino a oggi è quella dell’isola di San Domino, nelle Tremiti, raccontata da libri e documentari e ricordata da una targa posta anni fa proprio a San Domino. Tuttavia, mano a mano che i vincoli vengono meno, emergono nuove storie, che interessano aree geografiche diverse e che ampliano notevolmente non solo il numero di persone coinvolte ma anche l’arco temporale delle storie raccontate. Già a partire dagli anni Venti, cioè molto prima che venissero promulgate in Italia le leggi razziali (1938), il fascismo sanzionava le condotte omosessuali, considerate tra malattia e vizio, lesive del culto della virilità tipico di quell’ideologia e rispetto alle quali il confino rappresentava un occultamento, funzionale all’idea mussoliniana che in Italia l’omosessualità non esistesse.

Nel 1943, poi,  il regime cancellò il confino per gli omosessuali. Ma la persecuzione degli omosessuali non cessò:   il controllo sui gay fu, infatti, affidato  agli organi di polizia delle città di residenza degli accusati e continuarono le pratiche di ammonizione, volte a stigmatizzare socialmente le condotte omosessuali. Tra le storie raccolte nella mostra “Adelmo e gli altri” spicca una nutrita presenza d giovani veneziani: si tratta di ragazzi di vita che si vendevano ai turisti stranieri in visita alla Serenissima e verso i quali fu attuata una vera e propria repressione. Venezia era infatti nota fin dall’Ottocento negli ambienti del libertinaggio europeo come meta di turismo omosessuale per intellettuali, nobili e ricchi borghesi. “Tale fama – spiega Magistro – non poteva essere tollerata dal fascismo che, proprio cominciando dai luoghi a più alta attrazione turistica, voleva invece diffondere, soprattutto tra i visitatori stranieri, una diversa immagine della nuova Italia. Per questo motivo, la città lagunare fu tra le prime che si cercò di “bonificare”  dai ragazzi di vita che vi si prostituivano e dall’omosessualità in genere. Si cominciò, nel 1925, con l’attacco a un palazzo che accoglieva “una conventicola di pederasti” fatto dalle camicie nere, cui seguì l’intervento della polizia. Alcune retate,nel 1927 e nel 1929, portarono invece al fermo di singoli individui o di gruppi più o meno numerosi di persone che adescavano turisti, soprattutto stranieri, per rapporti a pagamento. Si trattava in genere di ragazzi disoccupati o precariamente occupati e provenienti da famiglie disagiate.”.

La mostra “Adelmo e gli altri” arriva a Bologna grazie alla sinergia di Agedo con il centro di documentazione “Flavia Madaschi” del Cassero, che la ospita. Resterà allestita fino al 5 maggio (orari: dal 23 al 27 aprile e dal 2 al 4 maggio dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19. Nei restanti giorni apertura serale dalle 23. Ingresso libero) L’evento gode del patrocinio dell’Anpi e  del Comune di Bologna. Per informazioni: www.cassero.it.

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