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I protagonisti del Mongol Rally sono rientrati alla base

da | Ago 24, 2018 | San Felice sul Panaro, San Prospero, Sport e Motori | 0 commenti

Entrambi gli equipaggi partiti da Modena per il Mongol Rally sono arrivati nei giorni scorsi a destinazione: i team “Alboreto is nothing” del sanfeliciano Alessandro Guicciardi e “Wanderlost” della coppia di San Prospero Marco Pignatti-Debora Paglierini sono rientrati a casa – i mezzi ancora no, ma verranno recuperati nei prossimi mesi – dopo un’avventura straordinaria. Per chi non avesse seguito la loro esperienza sui social network, ecco un riassunto del loro ultimo mese.

Riviviamo allora il viaggio di “Alboreto is Nothing” attraverso le voci dei protagonisti, e quello di “Wanderlost” attraverso i post conclusivi del team su Facebook.

TEAM ALBORETO IS NOTHING

Sabato 11 agosto alle 15 siamo finalmente entrati in Mongolia!.
Certo, ancora non era il traguardo, raggiunto dopo mille peripezie la settimana successiva, ma i primi chilometri percorsi su una pista sterrata mongola sono stati tra i più emozionanti tra i 15000 percorsi dalla squadra “Alboreto is Nothing” nel suo Mongol Rally.
Per completare il percorso i ragazzi hanno impiegato 888 ore, cioè 37 giorni, dal 13 luglio al 18 agosto, giorno in cui sono arrivati a Ulan Ude, nella taiga Siberiana, poco distante dal lago Baikal, attraversando 17 confini di stato e rispettando le 3 regole del Mongol Rally: competere con un mezzo dalla cilindrata minore di 1200cc, attraverso un itinerario non prestabilito senza assistenza e partecipando per solidarietà.
I primi a partire sono stati Fabio Bernardinello e Massimiliano Pezzo il 13 luglio da Modena, passando per Praga il 15 luglio; Caterina Secchieri li ha raggiunti a Istanbul il 18 luglio e infine Alessandro Guicciardi si è unito al resto della squadra il 29 dello stesso mese a Dushambe, in Tajikistan; insieme poi hanno affrontato le tappe successive, tra non poche difficoltà.
La scelta di utilizzare “Piero”, un vecchio Subaru Libero del 91 è stata consapevole e i ragazzi del team “Alboreto is nothing” erano pronti a fronteggiare i guasti che si sono susseguiti visto lo stress a cui è stato sottoposto il veicolo: lo sbriciolamento di una cuffia di un semiasse già a Istanbul, un guasto allo spinterogeno che li ha forzati a uno stop di qualche giorno a Teheran, il cedimento di una molla delle sospensioni nelle dissestate strade del Pamir, la rottura del cavo acceleratore nelle foreste russe e il distacco di un pezzo di scarico che ha provocato un grosso corto circuito nella steppa mongola e la compromissione di un cilindro. Proprio in Mongolia i ragazzi hanno dovuto caricare Piero su un camion frigo e trainarlo per qualche centinaio di chilometri per non compromettere l’arrivo sul traguardo in tempo.
Chiediamo alla squadra un’impressione a caldo, solo 2 giorni dopo il rientro a casa.
Massimiliano, il giovane del gruppo, secondo te, quali sono state le tappe più belle del vostro viaggio?
“Onestamente c’è l’imbarazzo della scelta. Al primo posto metterei la giornata passata in Mongolia con la giovanissima Aisholpan Nurgaiv, unica donna cacciatrice con le aquile, star del film the Eagle Huntress: siamo stati nella sua yurta e abbiamo condiviso con lei e la sua aquila una giornata intera. Poi moltissimi secondi posti a pari merito: il cratere gassoso infuocato di Daravaza, il volo delle mongolfiere a Goreme in Cappadocia, l’incredibile strada del Pamir e i suoi laghi cristallini oltre i 4000 metri e le incredibile notti stellate della steppa”.
Fabio, in quasi ogni foto stai armeggiando con Piero… Vi aspettavate i guasti che sono successi?
“Al 90% si. Siamo partiti abbastanza consapevoli che un percorso così duro per un mezzo vecchio e arrugginito come il nostro avrebbe potuto portare a numerose problematiche tecniche, che effettivamente ci sono state. Quello che ci ha messo veramente in difficoltà è stato l’ultimo corto circuito che ha annullato qualsiasi segnalazione del quadro strumenti. La parte bella di tutto questo è che abbiamo conosciuto decine di persone di tutti i Paesi che ci hanno accolto e aiutato con tutto il loro cuore e i loro mezzi, abbiamo stretto amicizie con personaggi assolutamente improbabili, come un meccanico ultrasettantenne kazako che, nonostante parlasse solo russo e tedesco, negli anni 70 aveva lavorato a Mirafiori negli stabilimenti Fiat”.
Alessandro, emiliano del gruppo, quindi buona forchetta… In queste 5 settimane cosa avete mangiato?
“Abbiamo provato ad assaggiare più cibi locali possibili e in tutte le varietà: dal pane azzimo ripieno di patate, uova e menta dei bazar di Tabriz al “borsch”, una zuppa russa a base di verze, barbabietole e carne, passando da un formaggio che ci ricordava il grana fatto con il latte di yak e dalle mille tazze di the che ci sono state offerte. Certamente la pietanza più ricorrente è stata la carne ovina: pecora, yak e montone cucinata in tutti i modi a ogni pranzo e cena, accompagnata da immancabili cetrioli… In Russia abbiamo anche trovato bevande gassate al cetriolo! Ci siamo arresi solamente in Mongolia, quando in una specie di ristorante ci hanno proposto il gatto alla piastra! Ma lo ammetto, sono tornato a casa sognando il ragù di mia mamma!”
Infine a Caterina chiediamo qual è l’eredità portata a casa da un viaggio del genere, un’esperienza impegnativa e totalizzante.
“Sicuramente stupore verso l’accoglienza della gente straordinaria dei luoghi in cui siamo passati; consapevolezza che il pianeta Terra, la nostra casa, è un bene da preservare nelle sue diversità ecologiche e ambientali incredibili; portiamo a casa l’esserci trasformati da turisti a viaggiatori. Personalmente mi ritengo maturata dal punto di vista di autocritica: il contatto forzato con Fabio, Massimiliano e Alessandro mi ha costretto a analizzare i miei comportamenti e difetti, sono più conscia dei miei punti deboli o di forza e penso sia lo stesso anche per loro”.
Portiamo a casa migliaia di foto e video che continueremo a postare sui nostri social (instagram: alboretoisnothing2018) per i mesi a venire, quindi continuate a seguirci.
Infine a Novembre porteremo a casa Piero, con il sogno nel cassetto di trasformarlo in una “Charity car” per continuare con la raccolta di beneficenza verso la Fondazione Città della Speranza.

TEAM WANDERLOST

 

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