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“Fare ancora il Filò”, al Barchessone nelle Valli di Mirandola

da | Set 20, 2018 | Mirandola | 0 commenti

MIRANDOLA – Sabato 22 settembre, alle ore 21, Al Barchessone Vecchio a San Martino Spino frazione di Mirandola, va in scena Pierre Campagnoli, con la sua compagnia Serraglio di Baladam, in uno spettacolo sui Filò

Dalle 19 sarà attivo il bar/ristorante del Barchessone, con la possibilità di cenare su prenotazione, con gnocco fritto, tigelle, salumi, vino, birre artigianali e tante altre specialità.

Per prenotazioni cena: Angelo – 3393210902

Per informazioni sullo spettacolo: Pierre – 3333610030

Intervista a Pierre Campagnoli

 

Innanzitutto, spieghiamo cos’è il Filò, per chi non lo sa.

 

Certo. Il filò, o veglia nella stalla, era quel momento della vita contadina in cui, dopo il lavoro della giornata, ci si riuniva per stare in compagnia, chiacchierare e raccontarsi storie. Si vegliava soprattutto d’inverno in luoghi caldi e accoglienti, in particolare nelle stalle, perché il fiato delle bestie garantiva un buon riscaldamento gratuito.

A vegliare non c’erano solo i proprietari del luogo e le loro famiglie, ma anche i vicini, gli amici e

altra gente della zona che non poteva permettersi un focolare acceso tutta la notte; ma passavano

anche esterni: viandanti, merciai, mercanti, cantastorie, talvolta briganti, che portavano notizie

dagli altri paesi; si stava attorno al focolare, o attorno ai lumi a petrolio, si offriva da mangiare e da

bere a tutti, si vegliava, si raccontava.

 

Come mai avete scelto questo tema?

 

Io e la mia compagnia ci occupiamo di narrazione, e facciamo ricerca sul ruolo del racconto orale all’interno della società contemporanea, poi esperiamo il tutto in imprevedibili spettacoli di teatro di narrazione con musica dal vivo.

La nostra ricerca, che spesso si addentra nella tradizione locale, doveva prima o poi passare per i filò, perchè ai filò si raccontava, e la veglia era un momento privilegiato in cui il patrimonio culturale orale veniva tramandato sotto forma di fiabe, proverbi, racconti, ballate, leggende e novelle e in cui la comunità umana conviveva con una certa povera consapevolezza di sé.

 

Questo nuovo lavoro ha debuttato sui colli bolognesi (presso lo spazio Ai 300 scalini) e ora lo portate al Barchessone, si tratta di luoghi non convenzionalmente teatrali, come mai questa scelta?

 

Questo nuovo spettacolo ha un sottotitolo, ovvero: “Narrazioni versatili rigorosamente non urbane”, questo perchè la dimensione del racconto che abbiamo in mente ha bisogno di un tempo dilatato, un tempo cui in città non siamo più abituati, un tempo dello stare che oggi riusciamo a malapena a concepire. Le nostre città sono a corto di pazienza e di gentilezza, la gente va di fretta e non si sofferma mai sui particolari, e soprattutto la gente ride pochissimo, così siamo andati a ricercare nelle campagne un tempo dello stare, del raccontare e del ridere senza fretta.

 

Mi ricordo che l’altra volta mi dicevi che oramai oggi nessuno racconta più.

 

Diciamo che è cambiato il modo di raccontare e di raccontarsi, ed è venuto meno il racconto faccia a faccia, a viva voce. Quel gesto naturale e quotidiano che per millenni ha contribuito, insieme alla costruzione fisica delle cose, a creare e immaginare il mondo, è venuto meno, e la narrazione è diventata eccezionalità. Oramai il racconto, narrato da qualcuno che sta davanti a noi in carne e ossa, sopravvive a stento, e in luoghi non (più) quotidiani disposti ad ospitarlo, come i teatri.

 

Ho visto che per la prima volta lavorerai con altri attori in scena, mentre finora ti abbiamo sempre visto solo coi musicisti.

 

Già. Diciamo che volevo sperimentare e giocare con corpi e voci umane, per cui ho scritto una drammaturgia per un narratore/attore e quattro attori/rumoristi; ho preso quattro sventurati non emiliani e li ho immersi nel mondo emilianissimo dei paeselli e dei filò. Il risultato sarà surreale e molto divertente.

 

Gli altri vostri spettacoli come stanno andando?

 

Posso dire che stanno andando bene. Il primo, “Messer Ludovico Ariosto QUASI furioso”, ha ormai raggiunto le trenta date, ed è il lavoro con cui abbiamo vinto il Premio della Giuria Popolare al festival BRISA! 2017. Il secondo, “Sagra dell’Apocalisse”, che ha debuttato lo scorso marzo, sarà in giro parecchio quest’autunno e anche durante l’anno, ed è il nostro spettacolo principale.

Questo terzo lavoro, quello sul Filò, speriamo di portarlo in giro a primavera, all’aperto, tra corti, paeselli, campagne e cortili.

 

Che dire, grazie di averci raccontato un po’ di cose, e buon Filò.

 

Grazie a voi. Vi aspettiamo sabato 22 settembre, alle 21, al Barchessone Vecchio di San Martino Spino, per fare Filò!

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