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Esondazione Secchia del 2014: una sentenza da rivedere

da | Gen 29, 2019 | Glocal | 0 commenti

di Andrea Lodi

Nel gennaio del 2014 la rottura degli argini del fiume Secchia in località San Matteo provocò una esondazione che in poche ore invase le campagne e i centri abitati di una vasta zona della bassa modenese, riversando sul territorio oltre 30 milioni di metri cubi di acqua.

Inchiesta archiviata

“Alluvione 2014, per la Procura non ci sono responsabili: archiviata l’inchiesta”. Cosi titolava l’articolo pubblicato su questo quotidiano venerdì 25 gennaio scorso.

“Il giudice – continua l’articolo – ha accolto la richiesta del pubblico ministero del non luogo a procedere per i tre indagati, un dirigente AIPO all’epoca dei fatti e due tecnici”.

“Dunque, cade l’ipotesi della mancata manutenzione e, quindi, nessuna responsabilità da parte dell’uomo. A questo punto non restano che gli animali selvatici”.

Lunedì 28 gennaio, Alberto Borghi, sindaco di Bomporto, ai microfoni di Radio Bruno ha dichiarato che in quegli anni l’AIPO (Agenzia interregionale per il fiume Po che si occupa della “sicurezza idraulica” del grande fiume e dei suoi affluenti) non aveva dato alcuna comunicazione alle amministrazioni comunali in merito ai problemi delle tane delle nutrie sugli argini. Ergo, l’AIPO non avrebbe fatto i dovuti controlli.

Risultati immagini per inondazione fiume secchia 2014

L’AIPO

Già, l’AIPO. Stiamo parlando di una “organizzazione” (il virgolettato è dovuto) che nel 2015 aveva in dotazione 311 addetti con contratto a tempo indeterminato (287 nel 2017) per un costo di circa 15 milioni di euro (13 milioni nel 2017). Che sta a significare circa 48.300 euro/addetto, ovvero circa 2.000,00 euro netti mensili di stipendio medio.  L’AIPO che nel 2017 avrebbe concesso ben 667 incarichi a consulenti e collaboratori per una spesa di poco più di 8 milioni di euro. Incarichi professionali che vedono, tra le numerose attività descritte e pubblicate nel rispetto dei principi dell’amministrazione trasparente, incarichi che sfiorano il paradosso, di importi tra 2.500 e 3.800 euro ad ingegneri in qualità di coordinatori per la sicurezza su interventi di “lavori di sfalcio e decespugliamento”.

Un’ “impresa pubblica” che, con il numero di addetti e i costi evidenziati, se paragonata ad una impresa privata dovrebbe gestire una mole di produttività non inferiore ai 300 milioni di euro.

Quindi la domanda giunge spontanea: un’impresa (pubblica) istituita per la “sicurezza idraulica” dei nostri fiumi, con circa 300 addetti ed un esercito infinito di collaboratori e consulenti, che cosa fa? Di cosa si occupano gli addetti e i collaboratori? Controllano che i decespugliatori siano a norma?

Il Comitato di cittadini ArginiAMO            

Vittorio Cajò, portavoce del Comitato ArginiAMO, alla redazione di questo giornale avrebbe affermato: “mi sento in dovere in qualità di portavoce del comitato cittadino ArginiaMo … a prendere la parola e rispondere all’incomprensibile verdetto della magistratura che non ha ravvisato né colpe, né manchevolezze, né leggerezza da parte di alcuno dei numerosi tecnici, responsabili, operatori, segnalatori, capi, vice-capi, dirigenti e direttori che ai tempi del tremendo evento alluvionale avevano la responsabilità del proprio operato anzitutto di fronte alla propria coscienza e poi di fronte all’ente che li stipendiava attendendosi professionalità e scrupolosità da parte loro”.

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Non di solo AIPO …

Oltre all’AIPO, che ha la responsabilità maggiore sulla tutela dei nostri fiumi, esistono sul nostro territorio altri enti che hanno a che fare con il fiume: l’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, il Consorzio di gestione del parco fluviale del fiume Secchia (sulla cui operatività ed esistenza non ci sono conferme) e pare anche un soggetto di nuova costituzione, ovvero il Consorzio CAIRE, che però si occupa di urbanistica, quindi non si sa bene quale ruolo dovrebbe avere nella gestione della sicurezza idraulica.

Andrea Baraldi, consigliere comunale a Bastiglia, in una nota di fine settembre 2018, comunica che “martedì 25 settembre la maggioranza del Consiglio comunale di Bastiglia ha votato a favore della creazione di un paesaggio naturale e seminaturale protetto nel bacino del fiume Secchia, con l’introduzione di un nuovo ente, il consorzio CAIRE”.

Baraldi  pare non essere molto convinto dell’operazione e spiega in un comunicato le sue preoccupazioni, che in sintesi possono essere riassunte dalle battute finali del suo comunicato: “nella migliore delle ipotesi sarà un nuovo ente mangiasoldi che non darà alcun contributo e nella peggiore ingesserà il processo, già di per sé molto lento e macchinoso, di progettazione e di realizzazione delle opere di rafforzamento delle arginature dei nostri fiumi, che ricordiamo essere uno degli snodi idraulici più complessi d’Europa”.

 “Di nuovo ci si trova davanti ad ordini dall’alto – continua Baraldi – che mettono le esigenze del territorio e dei cittadini in secondo piano davanti agli interessi dei partiti, che creano “poltronifici” per politici rimasti senza incarichi, o che si presume lo saranno dalle prossime elezioni”.

Parole dure quelle del consigliere comunale, che però sembrano rappresentare l’opinione della maggioranza dei cittadini, che a dirla con il portavoce del Comitato ArginiAMO, Vittorio Cajò: “siamo stati presi per il sedere e ci hanno voluto infinocchiare, detta come va detta! Perché piaccia o no i responsabili ci sono!”

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“Allora non si dia la colpa agli animali fossatori – continua Cajò – che hanno indebolito gli argini: essi sono la causa! La colpa è di chi era pagato anche lautamente per evitare che i nostri fratelli animali costruissero i loro rifugi dentro gli argini, aiutati dall’invasione delle piante e dall’assenza dell’uomo. La natura fa il suo lavoro. È l’uomo che non fa il suo. E quando non lo fa causando danni alla comunità va punito, non promosso!”

D’altronde come dargli torto, egregio Giudice. Qualcuno doveva pur essere responsabile. A meno che non vogliamo tirare in ballo l’Ingegner Sfiga.

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