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Le elezioni dei numeri

da | Mag 28, 2019 | Glocal | 0 commenti

di Andrea Lodi

Le elezioni europee del 26 maggio 2019, si possono definire le elezioni dei numeri.

La Lega, partito politico che non ha mai nascosto il proprio euroscetticismo, anzi ne ha fatto anche una sorta di portabandiera, è il primo partito italiano che occuperà più scranni nell’Europarlamento.

Ma perché le “elezioni dei numeri”, qualcuno si domanderà, dal momento che sono i numeri i protagonisti di ogni tipo di elezione?

Trentaquattro, quarantotto e trentatre sono i numeri “magici” da tenere in considerazione.

Trentaquattro

Con il 34,33% dei voti ottenuti dagli italiani, contro il 22,69% del PD ed il 17,07% del Movimento 5 stelle, la Lega diventa di fatto il primo partito euroscettico d’Italia.

Un segnale “politico” che non è affatto piaciuto agli investitori, che hanno preferito acquistare titoli di Stato greci piuttosto che i nostri BTP.

Quarantotto

Solo 48 punti separano i BTP dai “bond” emessi dalla Grecia. Prima delle elezioni lo spread Italia-Grecia viaggiava oltre quota 80 punti.

Ma cosa è accaduto invece nella vicina Grecia?

Trentatre

La Grecia ha visto l’affermazione, alle elezioni europee, del partito europeista di centro-destra, Nea-Demokratia, che con il 33% delle preferenze ha “spodestato” Syriza, il partito di sinistra al governo che si è “fermato” al 23,7%. Un’inversione di tendenza rispetto a quanto accaduto in Italia.

Le elezioni europee, purtroppo, sono ormai diventate elezioni “politiche”: un segnale dell’orientamento degli elettori, che hanno di fatto costretto il Premier greco Tsipras ad annunciare elezioni anticipate.

D’altronde, anche se alcuni politici italiani non vogliono riconoscerlo, i “mercati” comandano. La decisione di Tsipras di tornare presto alle urne, è una presa di responsabilità poco comprensibile dai nostri politici. Quanto sta accadendo sui mercati finanziari è la prova che le sorti dell’economia e delle finanze greche, dipendono dalla probabile vittoria alle elezioni politiche di Nea Demokratia.

I mercati, di fatto, preferiscono investire su Paesi il cui sviluppo è in linea con il progetto dell’Europa Unita.

E’ per questo motivo che l’Italia deve cominciare a preoccuparsi. Non tanto per lo spread BTP – Bond greci, ma per l’aria che tira nel Bel Paese. Alle prossime elezioni politiche, se i numeri europei dovessero essere confermati, ci sarebbe il forte rischio di una coalizione di Governo rappresentata da una Lega che va oltre il 34% e un Fratelli d’Italia, che con il suo 6% farebbe da ago della bilancia. Due Partiti fortemente antieuropeisti a Governo, non sarebbe auspicabile in questo periodo di “difficili” rapporti in eurozona.

D’altronde già a poche ore dal voto le intenzioni di Salvini sono molto chiare. Ha parlato di rimettere in discussione i parametri di bilancio, lasciando intendere che è pronto ad andare allo scontro. E di scontri l’attuale ministro degli interni è un vero esperto. Per questo rendimenti e spread sui titoli di Stato italiani restano alti.

L’Italia, affermano alcuni, rimane comunque la terza economia d’Europa. Certo, ma per quanto tempo e a quali condizioni?

Il rischio per molti Paesi europei, non solo l’Italia è che si possa affermare, come in realtà ha evidenziato questa turnata elettorale, il fenomeno “Brexit”, fortemente voluto dalle province del Regno Unito, e fortemente contrastato dalle città.

In effetti in Italia la Lega vince nelle province. Le città, soprattutto quelle di maggiori dimensioni, sono rappresentate da forze politiche europeiste, mentre la provincia preferisce la chiusura. Una chiusura non necessariamente giustificata da situazioni di disagio socio-economico, ma spesso, ed è il caso del Nord Italia, da zone ricche del Paese che ritengono di dover difendere i propri patrimoni dall’ingerenza “straniera”.

Tornando però all’Europa, fortunatamente il voto espresso dalla totalità degli europei, ha visto la sconfitta degli euroscettici, con grande sollievo dei mercati, che rispondono abbastanza positivamente al dopo elezioni. Le forze moderate europee raggiungono quota 57,8% (24% PPE, 19,3% S&D e 14,5% ALDE), con le coalizioni progressiste pronte a creare una “grande coalizione” per il rilancio dell’Europa.

Un segnale ulteriore che l’Europa Unita è necessaria. Magari con qualche aggiustamento.

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