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Secondo trimestre del 2019: probabile PIL negativo

da | Giu 21, 2019 | Glocal | 0 commenti

di Andrea Lodi

Il Rapporto annuale dell’Istat sulla situazione macroeconomica del Paese, sentenzia in modo chiaro che nel secondo trimestre dell’anno in corso è prevista una forte contrazione del PIL, al punto che si prevede una differenza negativa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La previsione relativa all’intero 2019 vede una crescita stimata attorno allo 0,3%, dimezzata rispetto alle previsioni di inizio anno.

Situazione giustificata dal calo della produzione industriale, che nel mese scorso ha registrato un -0,7% rispetto al mese precedente, con una stima sull’anno che si aggira attorno a – 1,5%.

Vero è che anche la vicina Germania – Paese con il quale l’Italia ha forti relazioni in ambito economico – ha registrato nel mese scorso un calo della produzione industriale ben peggiore: -2,5% rispetto al mese precedente.

Perché il PIL è in calo

I motivi del forte calo del PIL sono da ricercarsi in una riduzione della domanda estera netta (esportazioni al netto delle importazioni), e in un sostanziale calo della domanda dei consumi. La situazione potrebbe essere peggiore se non fosse “controbilanciata” dagli investimenti, che hanno rappresentato finora la componente positiva della domanda, con un aumento del 3,4% ed un contributo alla crescita di 0,6 punti percentuali. Investimenti che hanno interessato i settori trainanti della nostra economia: costruzioni, manifattura e agroalimentare.

Il crollo demografico

Un fattore che contribuisce negativamente sulla crescita è il crollo demografico, con conseguente invecchiamento della popolazione e riduzione della cosiddetta “popolazione attiva” (forza lavoro).

Tra il 2015 ed il 2018 la popolazione italiana è diminuita di ben 300.000 unità (+ 2.000.000 la Germania e +760.000 la Francia).

Il Rapporto dell’Istat stima che la popolazione residente nel 2050 risulterà inferiore a quella attuale di circa il 9% (55 milioni nel 2050 contro i 60,4 milioni del 2019), con una percentuale di ultrasessantacinquenni, quindi popolazione non attiva, che si potrà aggirare attorno al 45% della popolazione totale. Vale a dire 10 punti percentuali in più rispetto alla percentuale attuale che si aggira attorno al 35%.

Il rapporto anziani/giovani, che nel 1981 era 62/100, nel 2018 ha registrato numeri “importanti”: 169/100.

In 31 anni ci sarà pertanto un calo della popolazione attiva stimata attorno ai 6 milioni di Italiani. Si tratta di stime ovviamente, ma che con il trend registrato degli ultimi 10 anni, non prefigurano scenari particolarmente positivi.

La popolazione ultrasessantacinquenne, è vero che darà un importante contributo ai settori del turismo,  della cultura e dell’intrattenimento, ma è anche vero che dovrà percepire una pensione. La domanda che già ci stiamo ponendo in questi ultimi anni è: chi pagherà queste pensioni?

Conclusioni

Paesi a capitalismo avanzato come quelli europei, Italia e Germania in primis, sono ovviamente interessati da fenomeni altalenanti dell’economia e degli equilibri economico-sociali. Per alcuni economisti tale caratteristica rappresenta la vera forza del nostro Sistema: rafforzarsi e creare occasioni di sviluppo dalle difficoltà. Alcuni la chiamano “resilienza”. Caratteristica che l’Italia ha sempre dimostrato di possedere, ma che da sola, se non supportata da precise strategie che guardano al futuro, non può continuare a reggere una situazione di continuo degrado economico (perdita di efficienza) e sociale (perdita di integrità morale).

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