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“La Bassa è per me uno stato d’animo”: a tu per tu con la scrittrice Barbara Baraldi

da | Dic 15, 2019 | In Primo Piano, Mirandola | 0 commenti

Roma 6 agosto 2010.
Barbara Baraldi, scrittrice, ritratta nel quartiere Ostiense a Roma.
Foto: RINO BIANCHI

MIRANDOLA – Barbara Baraldi nasce a Mirandola e la Bassa, oltre che fare da sfondo a tutti i suoi romanzi, ce l’ha proprio nell’anima. La scrittrice mirandolese è esattamente come le storie che racconta: travolgente, acuta, profonda. Ama parlare di sé e dei suoi libri e quando lo fa è un fiume in piena: ti coinvolge, ti trasmette tutte le sue emozioni e la sua energia.

Cosa ricordi del tuo esordio?

Il mio esordio nella narrativa poliziesca avviene nel 2006 con la vittoria del premio Gran Giallo Città di Cattolica con il racconto “Una storia da rubare”, una storia che avevo inviato con uno pseudonimo mentre aspettavo risposte da alcune case editrici che tardavano ad arrivare. Il premio del concorso era proprio la pubblicazione del racconto sul Giallo Mondadori.

Sei nata e cresciuta a Mirandola e “la Bassa” è una costante nelle tue storie. Qual è il tuo rapporto con questa terra?

Amo la mia terra. Sono nata a Mirandola, ho scelto di restare e di non trasferirmi altrove. Per me la Bassa è uno stato d’animo: la campagna sterminata che nasconde anime inquiete, l’immancabile nebbia, le tante leggende raccontate dalle nostre nonne. La mia terra entra immancabilmente in tutto quello che scrivo.

Come è nato il personaggio della profiler, ovvero esperta di profilazione criminale, Aurora Scalviati e quanto ti somiglia?

Il personaggio di Aurora nasce da uno dei momenti più duri della mia vita: il terremoto nella Bassa del 2012. La notte di quel 20 maggio sono scappata dal mio appartamento tagliandomi i piedi con dei vetri e rischiando di non riuscire a fuggire a causa di un mobile che ostruiva il passaggio. Sono stata fortunata. Dopo la ristrutturazione sono riuscita a entrare di nuovo in casa, ma tutto quello che c’era dentro è andato perso. Nel perdere tutto è arrivata l’idea di Aurora. La profiler, dopo il conflitto a fuoco e la scoperta di un disturbo bipolare, sceglie di mettere tutto in discussione. Il suo ricominciare ha fatto uscire me dal buio così come Barbara ha aiutato Aurora a curare le sue ferite dell’anima.

Hai collaborato con la Disney – Panini Comics, con la Sergio Bonelli Editore e l’Astorina. Quando nasce la tua passione per i fumetti?

Da quando sono bambina: ho cominciato a leggere i fumetti prima ancora dei libri. La casa dove sono cresciuta a Mirandola è una cascina di campagna. Si prestava benissimo a storie di fantasmi e presenze oscure.

C’era una botola che conduceva al solaio e avevo il perentorio divieto dei miei genitori di non salirci. Un giorno riuscii finalmente a raggiungere la soffitta misteriosa pensando di trovare chissà cosa. Scoprii invece la collezione di fumetti di mio padre: Alan Ford, Diabolik, Dylan Dog. Ecco, Dylan Dog è il primo fumetto che ho comprato con i miei primi risparmi.

Ogni scrittore ha un suo “rituale”. Qual è il tuo?

I miei cambiano a seconda del libro che sto scrivendo. Per la trilogia di Aurora, ad esempio, non scrivevo mai senza una colonna sonora. Le classiche canzoni d’atmosfera che diventavano complementari alle storie che scrivo.

Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri?

In assoluta anteprima vi svelo che, in occasione del Salone del libro di Torino che si terrà dal 14 al 18 maggio 2020 uscirà un nuovo thriller, atipico rispetto ai precedenti, che quindi non riprenderà il personaggio di Aurora.

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