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Ricostruzione, fallisce la ditta appaltatrice e a rimetterci sono i fornitori. “Troppi casi”, per Cna

da | Dic 3, 2019 | San Felice sul Panaro | 0 commenti

Ricostruzione, fallisce la ditta appaltatrice e a rimetterci sono i fornitori. ” “Troppi casi”, per Cna. “E’ un problema che stiamo denunciando da anni e rispetto al quale avremmo anche individuato la risposta, ma la politica non lo ha mai voluto affrontare.” La vicenda è quella della tutela dei subappaltatori e subfornitori impegnati nella ricostruzione post sisma. La dichiarazione è di Alberto Papotti, segretario provinciale CNA.

Una questione che ha una premessa nella legge fallimentare, che dipende ancora oggi da un Regio Decreto del 1942 (sic!). In base a questo decreto, in caso di fallimento i crediti vengono pagati alle imprese sulla base di una “classifica” che privilegia i soggetti più deboli come dipendenti ed artigiani. Oggi, però, molte piccole imprese non hanno natura artigiana: pensiamo alle srl, alle snc cc. Ebbene, tutte queste aziende, in caso di fallimento, sono all’ultimo posto della graduatoria.

E veniamo al sisma. Come è noto, la ricostruzione si basa su risorse pubbliche utilizzate sulla base di uno schema preciso: i cantieri, pubblici e privati sono affidati ad un unico appaltatore (impresa affidataria dei lavori che agisce come capo commessa) che poi suddivide i diversi lavori tra vari sub appaltatori. Ma cosa succede se l’appaltatore fallisce o è ammesso ad una procedura concorsuale?  Tutte le sue risorse, comprese quelle legate alla ricostruzione, vengono distribuite sulla base della classifica di cui sopra, e così succede che la piccola impresa che ha lavorato per il cantiere alimentato dalle risorse pubbliche, ma classificata agli ultimi posti della graduatoria fallimentare, non vedrà il becco di un quattrino, con il rischio di fallire a sua volta.

“CNA – commenta Papotti – ha più volte proposto e sollecitato un emendamento che risolvesse questo corto circuito legislativo. In che modo? Sfruttando un aspetto della Legge Fallimentare che prevede l’esistenza di crediti in prededuzione, cioè crediti che sfuggono alla ripartizione classica sopra descritta e che hanno precedenza assoluta”.

La proposta era ed è questa: inserire i crediti di subappaltatori e subfornitori legati a commesse alimentate da risorse pubbliche tra questo tipo di crediti in prededuzione. Una richiesta che venne anche presentata al Comune di Mirandola nel 2016 e resa nota a tutti livelli istituzionali, sia quelli regionali che nazionali, perché questo emendamento, tra l’altro, avrebbe appunto un valore nazionale, potendo applicarsi in occasione di tutte le calamità naturali di cui il nostro Paese è troppo spesso vittima.

“Una proposta semplice, altrettanto semplicemente applicabile, se solo ci fosse la volontà politica di risolvere un  problema – sottolinea Papotti – più grave ogni giorno che passa, cisto che l’emendamento non può avere valore retroattivo.

È superfluo – chiosa Papotti – fare la cronologia di chi avrebbe potuto e ancora oggi potrebbe intervenire in tal senso. Rimane, invece, l’amarezza per non vedere prestare concreta attenzione ad una questione che può essere vitale per centinaia di imprese e migliaia di famiglie”.

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