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“A son gnu a dar al Bon Cavdann, ch’a scampadi sent ann…”

da | Gen 1, 2020 | In Primo Piano, Mirandola | 0 commenti

Il primo giorno dell’anno nuovo arriva sempre carico di aspettative e desideri, e ci si chiede sempre con un po’ di ansia e un pizzico di speranza che cosa porteranno i dodici mesi a venire. È qualcosa che avvicina l’umanità intera, ma soprattutto le diverse epoche storiche, e non cambia quasi mai. Per questo esistono secolari tradizioni propiziatorie che lasciano il segno, e altre che si perdono nella memoria dei vecchi, perché  i tempi sono ormai troppo cambiati per poterle reiterare ancora.

È da questa speranza e da questa ansia del “nuovo che ci aspetta” che nascono i riti più famosi, come bruciare la vecchia, baciarsi sotto al vischio o l’abitudine di far entrare un uomo nelle prime ore della mattina del primo dell’anno, come gesto benaugurante, che porta abbondanza e belle cose.

Nella Bassa, una delle antiche usanze che il benessere e il progresso hanno gradualmente cancellato e fatto dimenticare è la questua dei bambini  – solo dei maschi – di casa in casa, quando si trovavano in gruppo e andavano ripetendo la filastrocca portafortuna degli auguri di buon Capodanno. Era un modo per chiedere in cambio alle brave persone dolci e cibo, e dopo la fine della Seconda Guerra, anche un po’ di monete. Questo permetteva a chi non aveva nulla di godere un po’ di quell’abbondanza che si sperava sempre portasse con sé l’anno nuovo.

Raccontata in questo modo pare molto simile a quello che accade oggi durante la notte di Halloween, ma se i bimbi durante questa festa pronunciano il famoso ultimatum “dolcetto o scherzetto?”, agli inizi del Novecento a Capodanno pronunciavano un augurio molto diverso nel senso e nell’intento: “A son gnu a dar al Bon Cavdann, ch’a scampadi sent ann, zent ann e un dè, la bona man l’am ven a me, an pretend ne or ne argent e ad quel che am de a son cuntent”, ovvero, “Sono venuto ad augurare il buon capodanno, le auguro di campare cento anni e un giorno, spero che sia generoso nell’offerta che mi farà, non pretendo né oro né argento di quello che mi darà sarò contento”.

Sono tradizioni lontane, che legano e permettono di ricordare un mondo che ora non c’è più, ma alle volte ritornano per nostalgia. E continuiamo ad augurarci che il nuovo anno porti belle cose. Speriamo sia così, e quindi buon anno.

 

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