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Emergenza Coronavirus: secondo CNA, a Modena a rischio chiusura almeno 4.000 pmi e 10.000 posti di lavoro

da | Mar 19, 2020 | Altri Comuni, Lavoro | 0 commenti

MODENA, 19 MARZO – A Modena a rischio chiusura almeno 4.000 pmi e 10.000 posti di lavoro. Il 20% delle aziende ha già fatto ricorso agli ammortizzatori sociali. Una situazione straordinaria alla quale far fronte con interventi straordinari, a partire dalla parziale cancellazione di alcune imposte e, a crisi finita, dall’attivazione di una campagna di piccoli investimenti per le imprese locali

“I 25 miliardi messi in campo, rappresentano un’indispensabile misura per sostenere famiglie, lavoratori e imprese, ma, a nostro giudizio, non saranno comunque sufficienti – commenta Claudio Medici, Presidente della CNA di Modena, dopo l’attesa pubblicazione del decreto Cura Italia – la posta in gioco è altissima e i segmenti economici che rischiano di più sono quelli più diffusi: lavoro autonomo e piccole imprese, la spina dorsale della nostra economia, in particolare quella del territorio”

Se l’emergenza dovesse proseguire sino a fine giugno, ci aspettiamo il default di circa 4.000 imprese modenesi, con 10.000 posti di lavoro a rischio. Non sono solo numeri nostri, sono cifre che nascono anche da studi di società di consulenza piuttosto prestigiose. Il dato certo è che più di un’azienda su cinque (il campione è rappresentato dalle aziende che hanno affidato la gestione dei propri libri paga a CNA) ha già attivato ammortizzatori sociali. Significa che il 20% delle imprese già oggi manifesta preoccupanti cali di lavoro, se non addirittura fermi. Ed è un numero che è destinato ad impennarsi nei prossimi giorni.”.

Il che non significa certo che CNA pretenda la fine dei provvedimenti restrittivi, assolutamente necessari per difendere la nostra salute, il più importante dei beni. “Il fatto è che le risorse messe in campo sinora appaiono sproporzionate rispetto all’enormità dei danni che stiamo sopportando e che sono destinati a moltiplicarsi, se l’emergenza dovesse protrarsi per mesi, con effetti drammatici per i livelli produttivi e l’occupazione del territorio e di tutto il Paese”.

Ma c’è un altro aspetto che impedisce di dare una valutazione definitiva del provvedimento. “Mancano diversi decreti attuativi, che sono poi le regole con cui viene applicato il decreto. A questo proposito abbiamo sentito parlare di un click day per concorrere alla distribuzione degli indennizzi di 600 euro ad autonomi, artigiani e commercianti. A parte il fatto che si tratta di un meccanismo contestabile in situazioni normali, oggi, affidare ad uno strumento equo come un tiro di dadi l’assegnazione di questo contributo, in alcuni casi vitale, sarebbe offensivo, per non dire incivile, questo lo diciamo ora in modo chiaro e tondo”.

“Crediamo – continua Medici – che gli interventi a favore delle imprese, che spaziano dalla sospensione dei versamenti, al sostegno al credito, agli ammortizzatori sociali vadano indirizzati con maggiore incisività a favore del lavoro autonomo, delle attività di minore dimensione e delle filiere – turismo, trasporti, ristorazione, cinema e cultura – che più di altre stanno già subendo il blocco totale delle attività e degli incassi. Invece, alcune di queste realtà, come le lavanderie industriali, che operano soprattutto al servizio delle imprese della ristorazione e del turismo, non sono nemmeno state ammesse alla proroga dei versamenti”.

Secondo l’Associazione, è indispensabile pensare subito ad altre azioni di sostegno. “Ad esempio – sottolinea Medici – non al mero spostamento, ma quanto meno alla parziale cancellazione di imposte che stanno maturando su redditi solo presunti, ma di fatto inesistenti, su servizi di cui le imprese usufruiscono in modo ridotto, ad esempio lo smaltimento dei rifiuti”. 

Si tratta di azioni a livello nazionale, ma un ruolo in questo senso può essere esercitato anche dalle amministrazioni locali.  “E’ necessario che, a crisi finita, gli enti locali attuino una massiccia serie di piccoli investimenti assegnati ad imprese locali, nel rispetto del codice degli appalti, che per lavori sino a 350.000 euro prevede che i comuni possano chiedere preventivi alle imprese che vogliono”.

“Credo sia chiaro – chiosa Medici – che quella che stiamo attraversando è una crisi tanto inaspettata quanto straordinaria e, in quanto tale, da affrontare con strumenti straordinari, anche in sede europea. Anzi, crediamo che questo per l’Europa sia un banco di prova che da un lato, se le risposte saranno adeguate, può rafforzarne il suo ruolo, dall’altro decretarne la fine, qualora dovessero prevalere egoismi e chiusure”.

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