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28 Aprile 2025
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Olio, tra passione e competenza dai professionisti dell’industria olearia il successo del made in Italy

(Adnkronos) - Le alte professionalità dell’industria olearia sono parte di quel patrimonio di creatività e genio italiano rappresentato dal Made in Italy. È alle competenze e alla passione di queste figure altamente qualificate, infatti, che si deve il successo dell’olio extra vergine d’oliva, in Italia e nel mondo. A lanciare l’idea di un riconoscimento 'morale' di questi professionisti è Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia aderente a Confindustria e Federalimentare, che in un convegno al ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha acceso i riflettori su questi professionisti. L’incontro si è svolto nell’ambito delle iniziative per la Giornata nazionale del Made in Italy, celebrata il 15 aprile di ogni anno, anniversario della nascita di Leonardo da Vinci. Per il ministro Urso i professionisti dell’industria olearia hanno creato e donato una vera propria opera unica: uno speciale olio extra vergine, studiato specificamente sul profilo istituzionale dello stesso ministro, denominato 'Maestria italiana', a simboleggiare la passione e la competenza dei maestri italiani del blend. “Quest’anno - ha spiegato Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol - invece di concentrarci sui prodotti, abbiamo voluto celebrare i professionisti dell’industria olearia, altamente specializzati e spesso sconosciuti al grande pubblico, che sono il cuore pulsante di questo settore”. In particolare, sono tre le figure alle quali, per il loro ruolo, l’Associazione ha dato ampio spazio: l’esperto della materia prima, il maestro del blend, l’esperto dei nuovi mercati. “Si tratta di figure nate e sviluppate nel corso del tempo dalle imprese olearie, che ancora oggi coltivano e formano direttamente questi talenti. Questi professionisti sono poche decine in Italia, la loro è una formazione specifica e continua, che si adatta alle evoluzioni del mercato e dei consumi. Valorizzarli significa rafforzare la filiera e lavorare per il suo futuro”, ha detto. Grazie alle loro competenze e al loro impegno, oggi l’industria olearia è in grado di resistere alle incertezze dell’economia e della geopolitica. “La crisi climatica degli ultimi anni - ha sottolineato Anna Cane - ha rappresentato l’incognita più pesante. L’Italia, purtroppo, ha dovuto affrontare lo scenario più difficile anche nell’ultima campagna, che ha registrato il 30% in meno di olio d’oliva. Ciò ha creato tensioni sui prezzi e ha ridotto del 10% i consumi di olio d’oliva”.  Eppure, nonostante tutto, il settore occupa, tra dipendenti diretti e indotto, 15mila persone, per un fatturato di circa 4 miliardi e una produzione industriale pari a un milione di tonnellate, suddivise tra mercato italiano ed esportazioni. L’Europa resta il primo sbocco del nostro olio d’oliva con il 75% degli scambi all’estero, seguito dal Nord-America e poi dall’Asia orientale e centrale. La Ue rappresenta inoltre il 50% dei consumi di olio, grazie soprattutto a Spagna e Italia. Sul podio dei consumatori più forti, però, sono approdati da qualche anno gli Stati Uniti, che promettono di diventare il primo consumatore al mondo entro il 2030.  Non a caso, la prima testimonianza è quella dell’esperto dei nuovi mercati Emanuele Siena, direttore marketing internazionale di Salov. “Gli studi effettuati e le mie attività di insegnamento e confronto con gli studenti in alcune Università italiane e straniere - ha spiegato - sono state sicuramente importanti nella mia formazione, ma per questo lavoro ci vuole molto altro. La giusta lettura di un nuovo mercato, infatti, si basa su un approccio di lavoro flessibile e curioso. L’esperto di nuovi mercati deve possedere apertura internazionale e mentalità multiculturale”.  Il manager ha portato due diversi casi di successo: Brasile e Filippine: “Sono due esempi agli antipodi, incentrati su due culture alimentari totalmente diverse dalla nostra”. Si tratta, però, di mercati molto vasti: il Brasile conta su una popolazione di 211 milioni di persone, le Filippine su 115 milioni. Altro dato in comune, che rende più difficile proporre l’olio d’oliva in questi Paesi, è che i consumatori locali collegano questo prodotto con Portogallo e Spagna, non con l’Italia. “Per attrarre i consumatori, ci siamo immersi nelle loro abitudini quotidiane, cercando un legame tra le loro tradizioni e le nostre. Ha funzionato. Proponendo l’olio extra con i piatti locali, piatto amatissimo, siamo riusciti ad arrivare sulle tavole dei brasiliani. Nelle Filippine, invece, il nostro grimaldello è stato il pesto, declinato in modi diversi nelle loro ricette. Un lavoro di ricerca e di adattamento che non è certo immediato”, ha rimarcato. Conoscenze tecniche e capacità artigianali sono invece gli ingredienti della storia di Marzia Migliorini, maestra del blend di Carapelli Firenze, che in un video ha mostrato come opera in concreto una figura come la sua. “La mia professione richiede grande passione ed impegno, molte competenze, lavoro di squadra e continuo aggiornamento. Il maestro del blend accosta oli di diverse cultivar e origine per crearne uno con caratteristiche sue distintive. Tuttavia, per il mio ruolo non esiste un percorso accademico, molte cose le ho imparate in azienda”, ha raccontato.  Del resto, sono davvero tante le competenze necessarie per creare un olio di qualità: la conoscenza approfondita organolettica degli oli, la sensibilità nel riconoscere le diverse sfumature di sapore e aroma, la conoscenza delle diverse varietà di olive e dell’ulivo, oltre che delle operazioni di trasformazione nel frantoio e della conservazione dell’olio d’oliva, le tendenze di consumo a livello mondiale. Insomma, il maestro del blend è un super esperto. “Cultivar e provenienze diverse offrono una grande ricchezza di gusti ed aromi: il mio lavoro consiste proprio nel saper interpretare le diverse caratteristiche degli oli per creare prodotti con profili unici che rispondano alle preferenze dei consumatori”, ha spiegato. Per chiarire in cosa consista il suo lavoro Emanuele Zampetti, esperto della materia prima e direttore selezioni e acquisti di Costa d’oro, si è definito “un diplomatico della materia prima". "Oggi chi svolge la mia attività non si occupa più solo di selezione della materia prima e acquisti, si è evoluto, trasformandosi in un ruolo che richiede un costante scambio di informazioni e una grande capacità di anticipare le tendenze di mercato. Potrei definirmi un analista di mercato artigianale: ogni giorno raccolgo e analizzo dati, cercando di arrivare primo, sfruttando la mia esperienza, l’intuito e la conoscenza diretta sviluppati negli anni di esperienza sul campo”, ha affermato. Un altro aspetto fondamentale di questa professionalità è la costruzione di relazioni. “Il contatto umano rimane centrale: conosco chi ci fornisce l'olio, so chi c'è dietro ogni partita che selezioniamo. La sostenibilità ha cambiato profondamente il nostro settore e il mio ruolo. Non parliamo più solo di fornitori, ma di veri e propri partner con cui costruire un percorso comune, basato su fiducia e condivisione di valori”, ha aggiunto. Andrea Pontarelli, preside dell’Istituto agrario 'Giuseppe Garibaldi' di Roma, ha ribadito l’importanza di percorsi scolastici professionalizzanti, in accordo con le tendenze del mercato. Da questo punto di vista, l’Istituto, il più antico d’Italia, è un esempio da imitare: agricoltura di precisione, tecniche d’assaggio, droni e marketing fanno parte, a pieno titolo, della cassetta degli attrezzi del perito agrario. “La formazione, persino negli istituti tecnici, è spesso -ha avvertito il dirigente scolastico - scollata dal mondo reale. Al contrario, la scuola dovrebbe essere al servizio del mondo produttivo. L’impresa è quindi corresponsabile dell’offerta formativa ed è chiamata a dare indicazioni precise sulle necessità del suo mercato del lavoro. Il dialogo tra scuola e imprese, va istituzionalizzato, deve diventare la base delle scelte formative”.  Pontarelli ha spiegato come ci si sta muovendo nella sua scuola: “Siamo stati i primi in Italia a creare un percorso ad hoc per il tecnico superiore di filiera olearia, una figura capace di progettare e gestire i processi nel frantoio. Ora stiamo lavorando alla formazione di tecnici e manager per le aziende olearie”. Il futuro, insomma, si scrive a scuola. “Abbiamo voluto dare un volto e una voce - ha osservato Anna Cane - ai professionisti dell’industria olearia: ognuno ha il suo percorso, la sua storia, perché è una figura speciale, unica nel suo genere. Finora, le imprese hanno fatto tutto da sole, ma, in futuro, si rischia di disperdere competenze fondamentali per il settore, soprattutto in un mondo sempre più globalizzato, in cui la fuga dei cervelli, anche nell’industria olearia italiana, comincia a preoccupare”. Per questa ragione Assitol ritiene che l’olio d’oliva debba essere maggiormente presente nei programmi della scuola degli istituti tecnici e del liceo del Made in Italy. “Al ministro Urso e alle istituzioni nazionali chiediamo di riconoscere e valorizzare, attraverso azioni specifiche, queste straordinarie professionalità che, a tutti gli effetti, non si limitano a creare il Made in Italy, ma ad esserne parte integrante. A tale scopo, siamo disponibili a collaborare con tutti per sostenere progetti formativi in grado di orientare e formare i futuri professionisti dell’industria olearia”, ha concluso. Il convegno si è quindi concluso con l’impegno reciproco tra l’Associazione e l’Istituto Agrario sull’avvio di un progetto di formazione specifico sulle professionalità del settore oleario.  ---lavoro/[email protected] (Web Info)
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