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Più poveri, più soli, con meno lavoro: ecco come ci ha ridotto il terremoto

da | Mag 28, 2015 | In Primo Piano, Mirandola, Finale Emilia, San Felice sul Panaro, Concordia, Medolla, Cavezzo, Camposanto, San Possidonio, San Prospero, Lavoro | 0 commenti

E’ un bilancio pesante, con più ombre che luci quello che ha redatto la Cgil per disegnare quel che è oggi la Bassa a tre anni dal sisma. Il terremoto, infatti, ha accelerato la crisi economica che stava colpendo la nostra terra come il resto d’Italia, e più velocemente che altrove qui è cambiato tutto. Siamo diventati più poveri e bisogni di assistenza pubblica (la spesa dei Comuni è letteralmente raddoppiata), più soli (migliaia di badanti hanno lasciato i nonni che assistevano qui, tanti stranieri sono emigrati altrove e tanti italiani li hanno seguiti), e il lavoro ha visto comparire più di 2 mila posti, con situazioni precarie in tantissime aziende.

A tre anni dal sisma del maggio 2012, i nove comuni del distretto Area Nord modenese presentano un quadro demografico, economico-produttivo, occupazionale e sociale con numerosi segni di fragilità e preoccupazione, a causa dell’effetto acceleratore sulla crisi prodotto dal sisma.
IMG_2552È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Ires/Cgil sul Distretto Area Nord modenese, presentati stamattina in conferenza stampa da Erminio Veronesi coordinatore Cgil Area Nord e Tamara Calzolari della segreteria provinciale Cgil, insieme a numerosi funzionari e segretari di categoria, Alberto Biagi (Fillea), Alessandro Cambi (Fiom), Erika Morselli (Flai), Claudio Argilli (Nidil), Roberto Righi (Filctem), Maria Grazia Frilli (Flc), Vincenza Corcione (Filcams) (in foto).

I sindacalisti hanno presentato e commentato alcuni dati (tabelle in allegato DATI Osservatorio Ires Cgil Area Nord).
Nel distretto di Mirandola dal 2007 (anno pre-crisi) al 2013 si evidenzia un calo della popolazione tra italiani e stranieri. Per i residenti italiani il calo parte da prima del terremoto, mentre per la popolazione straniera si accentua a partire dal 2012. Nel 2013 il calo complessivo della popolazione sull’anno precedente è di 1.123 unità, di cui 545 stranieri e 578 italiani. Un calo che si giustifica, per gli stranieri, con il ritorno ai paesi di origine e l’approdo in altri paesi di immigrazione (ben 200 bandanti hanno lasciato nei mesi successivi al sisma gli anziani assistiti). Per gli italiani, il calo è invece legato alla minor attrattività del territorio in termini occupazionali, in modo particolare per i giovani professionalizzati che hanno cercato opportunità altrove.
Dal 2009 al 2014 si registra un calo di 284 imprese con punte nel settore dell’agricoltura (passate da 2.007 a 1.771) e nelle attività manifatturiere (passate da 1.905 a 1.745), e un conseguente calo di 2.000 addetti nel distretto dal 2007 ad oggi.
L’aumento della popolazione in età lavorativa (passata da 54.099 unità nel 2007 a 54.987 unità nel 2014) e la diminuzione degli addetti (da 33.449 a 31.254 unità), determina un calo nel rapporto addetti/popolazione attiva dal 61,83% al 56,84%. Ciò significa che il distretto ha perso capacità di generare posti di lavoro.
Interessante per valutare la situazione sociale, l’indicatore della spesa per assistenza nei bilanci dei 9 Comuni del distretto: il dato sostanzialmente raddoppia nel periodo 2007-2012 passando da 9 milioni 404 mila euro a 17 milioni 167 mila euro. Questo testimonia l’accentuarsi dell’impoverimento delle famiglie che si rivolgono maggiormente al comune per servizi di assistenza e contributi economici, per effetto dei danni subiti dal sisma. A ciò si aggiunge la recente ordinanza del Commissario per la ricostruzione che ha tagliato i contributi per autonoma sistemazione (Cas) e ha prevede per la fine dell’anno la chiusura dei Map. Provvedimenti entrambi su cui la Cgil chiede di aprire un confronto per evitare un’ulteriore ricaduta sui redditi delle famiglie del distretto.
Altro dato interessante è quello delle domande di disoccupazione e mobilità compilate dal patronato Inca Cgil Area Nord nel periodo 2012-2015 (primo quadrimestre), che evidenzia un picco delle domande nel 2014, mentre anche i dati sul primo quadrimestre 2015 proiettano un dato ancora in aumento per quest’anno. Si evince come il numero maggiore di disoccupazione/mobilità coinvolga personale femminile. Questi dati preoccupano la Cgil anche in vista della scadenza del finanziamento della cassa integrazione in deroga il 31/5/2015, ammortizzatore che secondo stime Cgil coinvolge 4.000 lavoratori in provincia. Se non ci sarà il rifinanziamento il rischio è quello di nuovi disoccupati.

Sulla ricostruzione nei comuni della Regione Emilia-Romagna, a fronte di 2 miliardi di danni per le imprese sono stati finora erogati 250 milioni di contributi pubblici, poco più del 10%. Ciò significa che le grandi imprese, soprattutto multinazionali, sono riuscite a ripartire con risorse proprie o coperture assicurative, mentre le piccole-medie hanno maggiori sofferenze. Sul fronte della ricostruzione delle abitazioni su 14.000 edifici danneggiati solo 2.803 hanno terminato i lavori e ottenuto il contributo totale, pari al 20% del ricostruito.

Nel settore metalmeccanico si sono perse più di 200 aziende, è quasi sparito il settore delle smalterie, mentre nel settore fonderie la Fonderia San Possidonio e la Fonderia San Felice stanno facendo importanti investimenti con possibilità di nuova occupazione nei prossimi anni. Altre aziende come la Zincol annuncia invece che, nonostante i 18 milioni di contributi regionali per la ricostruzione, non manterrà i livelli occupazionali pre-sisma. Delicata anche la situazione Cpl Concordia che coinvolge 1.800 lavoratori: si deve tenere nei prossimi giorni l’incontro al Ministero per ottenere l’ammortizzatore conservativo utile a fronteggiare l’emergenza sino alla riammissione alla White list che si spera avvenga in tempi rapidi.
Il settore agroindustria aveva già conosciuto una ristrutturazione tra il 2006 e il 2011 con la fuoriuscita di diverse multinazionali dal territorio. Dopo il sisma si è verificato una sostanziale tenuta delle aziende di medie-piccole dimensioni, con ristrutturazione dei processi produttivi, in particolare con accorpamenti nei caseifici.
Le multinazionali del biomedicale non hanno lasciato il territorio e hanno ricostruito gli stabilimenti, continuano a crescere il fatturato e i volumi, ma non l’ occupazione. Il biomedicale non è più il bacino di compensazione per gli occupati espulsi da altri settori come in passato.
Rispetto all’occupazione che si è originata per far fronte alle problematiche del sisma ci sono fronti caldi: i 540 tecnici assunti nei Comuni tramite le agenzie interinali per il disbrigo delle pratiche sulla ricostruzione, devono essere salvaguardati nel cambio di appalto tra Obiettivo Lavoro e Manpower.
Per quanto riguarda i 300 tra docenti e Ata assegnati in deroga sul sisma negli anni passati sui vari ordini di scuola, non c’è al momento garanzia di conferma da parte dell’Ufficio scolastico regionale, e ciò mette a rischio la continuità del tempo pieno, l’allungamento del tempo-scuola nell’infanzia, avrà ripercussioni su servizi come vigilanza, mensa, pre e post scuola. Ovviamente riduzioni dei servizi scolatici potranno avere ricadute sull’occupazione femminile.
Sul commercio, la grande distribuzione è ripartita mentre rimane in forte sofferenza il piccolo commercio nei centri storici dove la ricostruzione è ancora indietro. Anche nel distretto Area Nord continua la denuncia della Filcams contro forme irregolari di lavoro e l’abuso di forme contrattuali come voucher, part time e lavoro a chiamata.
Nel settore dell’edilizia in sette anni di crisi (2008-2015), l’occupazione è dimezzata in tutta la provincia passando da 12.000 a 7.000 addetti, questo ha avuto un particolare effetto nell’area Nord dove si concentrava circa un terzo dell’occupazione in ambito provinciale, con una riduzione da 4.000 a 2.000 addetti. La ricostruzione per molte aziende edili medio-piccole non è stata un’occasione di vera ripartenza a causa dei lunghi tempi di erogazione dei contributi pubblici. Problemi sull’occupazione sono emersi per l’esclusione dalla White list di aziende come Baraldi e Bianchini, mentre anche gli appalti al massimo ribasso si scaricano sui lavoratori in termini di sicurezza e regolarità contrattuali.

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