Infiltrazioni mafiose nella ricostruzione, la Cassazione: “Definitive le condanne del processo Aemilia”
Le condanne del processo Aemilia sulle infiltrazioni mafiose nella ricostruzione e la ‘Ndrangheta al Nord sono diventate definitive, con una sentenza di Cassazione che mette la parola fine all’inchiesta scattata nel 2015 con 117 arresti. Circa 70 le pene complessivamente comminate a vario titolo, con la Corte di Cassazione che ha ampiamente confermato (con una manciata di condanne annullate con rinvio ad un nuovo giudizio di appello) quanto deciso dalla Corte di appello di Bologna nel maxi-processo di ‘Ndrangheta ‘Aemilia’.
Già nel 2018 erano arrivate 40 condanne definitive agli imputati che avevano scelto l’abbreviato, tra cui l’ex responsabile dei lavori pubblici in Comune, Giulio Gerrini. E sempre nel 2018 erano stati assegnati i risarcimenti ai Comuni di Finale Emilia, Concordia, Mirandola e San Felice sul Panaro che si erano costituiti parte civile nel processo.
Per chi non ha scelto il rito abbreviato e ha percorso la via del dibattimento, la Corte di Appello di Bologna aveva inflitto a dicembre 2020 oltre 700 anni di carcere complessivi, a 91 persone. Erano 87 quelli ricorsi al terzo grado di giudizio. Tra questi anche l’imprenditore di San Felice sul Panaro Augusto Bianchini, che era stato condannato a 9 anni. Il terzo grado, la Cassazione, ha confermato le condanne, riducendone in alcuni casi l’ammontare ad esempio nel caso di a Michele Bolognino, 20 anni e 10 mesi (rispetto ai 21 anni e 3 mesi inflitti in appello); Carmine Arena, 7 anni e 5 mesi (9 anni e 5 mesi). Confermata in toto, invece, la pena per Augusto Bianchini, 70anni, e anche l’aggravante mafiosa. L’imprenditore, appresa la decisione della Cassazione ha tentato di togliersi la vita. E’ accaduto nella sua casa a San Felice, dove l’uomo si è tagliato le vene. Lo notizie è riportata dalla stampa locale. I famigliari si sono accorti in tempo di quanto aveva fatto e hanno dato l’allarme: l’intervento del 118 ha permesso di portare i primi soccorsi e di scongiurare il peggio. L’uomo si trova attualmente ricoverato all’Ospedale di Baggiovara, in osservazione e non sarebbe in pericolo di vita.
Augusto Bianchini, titolare di una storica impresa di costruzioni di San Felice, venne arrestato nel gennaio del 2015 in piena inchiesta Aemilia. Secondo l’accusa aveva avuto legami con Michele Bolognino emissario nel nord Italia del clan di Cutro Grande Aracri. Secondo le indagini l’imprenditore san feliciano aveva fatto lavorare muratori di Bolognino nei cantieri aperti per risollevare la bassa modenese dalle macerie del terremoto del 2012. Accuse da lui sempre respinte che però gli sono valse la condanna per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, proprio l’accusa più pesante che ha portato a quei 9 anni di condanna. Nel processo coinvolti anche la moglie Bruna Braga e il figlio Alessandro condannati rispettivamente a 2 anni e 18 mesi . Bianchini in questi sette lunghi anni di processi, condanne, arresti domiciliari e qualche mese di carcere a Parma ha manifestato problemi di salute. I suoi legali chiederanno una perizia per verificare se le sue condizioni sono compatibili con la detenzione in carcere.
“La sentenza ‘Aemilia’ con il suo passaggio in giudicato, la nona in ordine temporale per associazione di stampo mafioso in Emilia-Romagna, conferma che l’Emilia-Romagna è un distretto di mafia”. Lucia Musti, procuratrice generale reggente a Bologna e che peraltro rappresentò la pubblica accusa nel processo di appello, così all’ANSA dopo l’esito della Cassazione, riprendendo le sue stesse parole per la relazione in apertura dell’anno giudiziario. La sentenza, prosegue Musti, “è il frutto del lavoro della Dda di Bologna, della Procura generale di Bologna e della Procura generale presso la Corte di Cassazione. Ringrazio tutta la polizia giudiziaria, in particolar modo i carabinieri dei comandi provinciali di Modena, Parma e Piacenza, per l’altissima professionalità e il massimo impegno profuso nelle indagini”.
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