Psicologi e psicologhe? Il reddito da liberi professionisti non basta, spesso svolgono anche altri lavori
MODENA- L’impatto economico che la pandemia ha avuto su psicologhe e psicologi liberi professionisti dell’Emilia-Romagna è stato importante. Secondo uno studio coordinato dall’Ufficio della consigliera Regionale di Parità e dall’Ufficio del difensore civico relativo alla rappresentanza di genere nei vari ordini e collegi professionali e alle conseguenze dell’emergenza sanitaria nel mondo del lavoro, oltre il 50% di psicologhe e psicologi nel 2020 ha dichiarato meno di 18mila euro l’anno. E circa l’80% di professioniste e professionisti si è concentrato nelle fasce di produzione reddito annuo non superiore a 40.000 euro.
La ricerca, che è stata presentata il 18 ottobre nell’ambito del convegno “L’impatto della pandemia sulle professioni” organizzato dalla Regione Emilia-Romagna con il patrocinio, fra gli altri, dell’Ordine degli Psicologi regionale, ha coinvolto il Cup – Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali che, per quanto riguarda la categoria professionale degli psicologi, ha raccolto i dati degli iscritti all’Enpap – l’ente di previdenza e assitenza per gli psicologi – grazie all’impegno dell’Ordine stesso. La ricerca fa emergere le conseguenze del periodo pandemico sui liberi professionisti e apre a una riflessione sulle differenze di genere.
«Dall’analisi dei dati sta emergendo che soprattutto molte professioniste svolgono altre attività oltre alla libera professione – spiega Carmelina Fierro, coordinatrice della Commissione Pari Opportunità dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna e coordinatrice dell’omonima Commissione del CUP-ER – Tale aspetto, che necessita sicuramente di un approfondimento, fa riflettere sulla scarsa propensione al rischio delle professioniste. Le psicologhe, a differenza di altre professioniste, non si possono avvalere di collaboratori o collaboratrici per alleggerire il carico di lavoro, perché lo stesso lavoro si basa sulla relazione esclusiva con i pazienti. La paura di non riuscire a gestire tutto da sole porta probabilmente alla necessità di appoggiarsi a un introito certo e quindi di svolgere un altro lavoro».
Secondo Carmelina Fierro occorre necessariamente «lavorare sull’empowerment femminile, sulla formazione scientifica e finanziaria, sull’accesso al credito e, più in generale, sull’approccio culturale che vede la donna ancora legata a stereotipi di genere e più orientata alla stabilità».
«La pandemia non ha generato nulla di nuovo ma ha fatto esplodere storiche disuguaglianze» commenta Fierro. Tranne una quasi parità retributiva nella classe d’età over 60-70 e un superamento delle psicologhe nella fascia over 80, i restanti momenti professionali registrano una situazione di svantaggio delle lavoratrici: il valore di reddito medio annuo percepito si situa infatti al di sotto del valore riferito ai colleghi. Le psicologhe neo-iscritte, invece, producono un valore di reddito medio annuo sempre inferiore a quello nazionale; più eterogenea si presenta la situazione dei colleghi.
«E’ necessario continuare a monitorare le effettive condizioni delle colleghe affinché possano emergere le istanze e si possano promuovere azioni di equità. Per questo ogni Ordine ha referenti esperti sul tema e l’Enpap uno specifico tavolo di lavoro» conclude Fierro.