Monsignor Lino Pizzi e don Giorgio Govoni: “Doveroso difendere la sua memoria”
E' il prelato più importante della Bassa Modenese, originario di San Felice, arcivescovo a Forlì. Oggi monsignor Lino Pizzi è a a Rivara, al convegno si intitolava "Bambini e genitori della Bassa: facciamo chiarezza" e che lo vede testimone come amico personale di don Giorgio Govoni, il prete di Staggia e San Biagio considerato a capo di una setta di pedofili e satanisti, una ipotesi di reato che portò ad avere 16 bambini presi dalle loro famiglie, divisi un fratellino dall'altro, una sorellina dall'altra, mandati in adozione in case diverse e mai più tornati a casa. L'idea della banda e dei riti satanici al cimitero era tutto falso, si scoprirà dopo.
Ma don Giorgio non ha avuto giustizia terrena, non ha fatto in tempo a vedere la sentenza di quella terribile accusa, perchè è morto di infarto quando ha letto nello studio del suo avvocato di cosa lo accusavano. E su questa mancato processo, e quindi mancata assoluzione, si addensano ancora oggi sospetti e pettegolezzi. E poco importa se la tesi accusatoria complessiva è caduta da un pezzo e se tutti i fatti imputati a don Giorgio sono stati dichiarati l'uno dopo l'altro, inesistenti.
"Con don Giorgio – ricorda Pizzi – eravamo amici fin dal seminario. Ci conoscevamo come preti, conoscevo la sua famiglia e non potevo essere estraneo alla sua situazione che era diventata insopportabile. Infatti un giorno gli chiesto "Ma come fai, come è possibile..."
"Ora è doveroso raccontare cosa accadde, c'è questo tentativo di giustificare accusando perché il ‘Comitato voci vere’ è arrivato a diffidare giornalisti, politici, ecclesiastici a voler diffondere che don Giorgio non è stato condannato. Vero che non è stato condannato, perché il giorno prima che venisse pronunciata la sentenza è morto, ma continuano a dire che è colpevole e non è innocente. Non è una cosa vera. Io dico il contrario di quel che dicono loro"
Poi aggiunge l'arcivescovo, "si è aggiunta la sentenza che ha assolto Lorena Morselli con formula piena. I figli hanno fatto ricorso alla Cassazione. E la Cassazione ha ricusato il ricorso. Continuano a a dire che era tutto vero, ma non è cosi, fin dall’inizio del primo processo era emerso che almeno in parte si erano raccontate frottole... Ogni sei mesi saltava fuori qualcosa come per dare ai giornalisti qualcosa da pubblicare e veramente questo ha infastidito la gente del posto, perché chi conosceva don Giorgio, che era conosciuto pe ril suo lavoro di camionista, come prete, perché lavorava nella campagna, sapeva che solo quello contava".
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