Il riso emiliano non piace più: in sei anni dimezzata la produzione
Il riso emiliano non piace più: in sei anni dimezzata la produzione
“Lo sguardo d’insieme sulle colture a seminativo in Emilia-Romagna rileva la costante diminuzione delle risaie, che in sei anni si sono ridotte della metà, da 8mila a 4mila ettari circa”. Lo fa sapere Confagricoltura Emilia-Romagna che per il 2023 stima anche un cambiamento della geografia dell’agricoltura regionale, con una crescita delle superfici a grano, orzo e semi oleosi a discapito dei frutteti e del mais, che secondo le previsioni subirà un calo del 15%.
Preoccupa la crescente disaffezione alla risicoltura ormai quasi interamente concentrata nel ferrarese.
“Chiediamo sostegno alle istituzioni – invoca il presidente dei risicoltori di Confagricoltura Emilia Romagna Giampaolo Cenacchi – per continuare a produrre riso di qualità nel delta del Po”.
“Le risaie – continua – svolgono un ruolo ambientale di prim’ordine e costituiscono un deterrente efficace contro la risalita del cuneo salino, concorrendo a preservare l’agricoltura e la biodiversità in tutto il territorio”. Poi l’appello alla Regione: “Fondamentale è ottenere la deroga per la bruciatura delle stoppie di riso, in scadenza alla fine del 2022”.
Tra i settori in crescita nel 2023, Confagricoltura Emilia-Romagna individua soprattutto il grano, con 260 mila ettari complessivi coltivati e un un aumento dell’incidenza del duro sul tenero che raggiungerà il 40%. Quanto all’orzo, arriverà a sfiorare i 26 mila ettari totali. In vista delle prossime semine primaverili, si guarda positivamente anche alle colture oleaginose, destinate al mercato alimentare (soia e girasole in primis), sulla spinta del boom di richieste innescato dal conflitto russo-ucraino. Pressoché stabile, oltre i 15.000 ettari, la superficie a barbabietola da zucchero destinata all’unica filiera bieticolo-saccarifera d’Italia.

risaia – coltivazione riso – primavera
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