Medico aggredito a Mirandola, l’Ordine: “Tolleranza zero”
«Chi aggredisce un medico arreca danni a sé stesso e all’intera comunità, già in forte carenza di organico». Lo afferma il presidente dell’Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri di Modena Carlo Curatola commentando il grave episodio di cui è stato vittima nei giorni scorsi un medico della Bassa Modenese, che ha dovuto ricorrere al Pronto soccorso dell’ospedale di Mirandola a causa delle percosse subite da un paziente che pretendeva un certificato di malattia più lungo di quello prescritto dal professionista.
«Per gesti criminali come questo chiediamo tolleranza zero e l’applicazione rigorosa delle norme vigenti. Le forze dell’ordine devono procedere d’ufficio senza aspettare la denuncia della vittima – dichiara Curatola - Entrando nel merito della causa scatenante, ricordo che la certificazione è un atto medico che non può essere contrattato. Spetta solamente al medico che si prende cura direttamente della salute del paziente formulare la prognosi. La certificazione che segue a una visita o a un intervento chirurgico è un atto medico che non può essere delegato da medico a medico, figuriamoci se può essere l'interessato a stabilire il numero di giorni di malattia».
Curatola ricorda che nel 2017 l’Ordine dei medici ha istituito in osservatorio sulla violenza ai sanitari. L’osservatorio ha ricevuto due segnalazioni nel 2019, nessuna nel 2020, diciannove nel 2021, 36 nel 2022 e dodici l’anno scorso.
Quest’anno le segnalazioni sono già quattro (cinque se contiamo anche il caso di Mirandola) e tre di esse riguardano donne. Curatola sottolinea, in particolare, quelle dell’11 gennaio e 23 febbraio.
«Nel primo caso la collega, medico di famiglia, è stata insultata da un paziente che voleva un certificato di malattia. Nel secondo caso una giovane dottoressa di medicina generale è stata aggredita verbalmente e fisicamente da un paziente, che ha anche danneggiato gli arredi dell’ambulatorio, solo perché si era rifiutata di prescrivere degli esami».
«Il fatto che i pazienti se la prendano soprattutto con le colleghe è ancora più grave – afferma Curatola – È il sintomo di una mentalità che poi, nei casi estremi, sfocia nelle violenze sessuali e nei femminicidi. Abbiamo celebrato l’8 marzo la Giornata internazionale della donna e vogliamo sottolineare la domanda di sicurezza che proviene dalle donne che lavorano nella sanità, sia pubblica che privata».
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