Marco Bergamaschi, il giovane sommelier di Mirandola con la valigia sempre pronta
MIRANDOLA- Marco Bergamaschi è un giovane sommelier mirandolese di 25 anni. Viaggia da quando ne aveva 19 e la sua grande passione per la tradizione enologica l’ha portato fino in Vietnam. Il suo sogno nel cassetto? Aprire una piccola enoteca- ristorante, ma la location resta "un mistero".
Marco Bergamaschi, come e quando ha deciso di diventare un sommelier? Che percorso formativo ha scelto?
Ho deciso che il mio lavoro sarebbe stato incentrato sui vini, a Dublino, 4 anni fa. Mi sono diplomato nel 2014 in un istituto di ragioneria con indirizzo economico, ma la mia passione è sempre stata la ristorazione. Fortunatamente nei miei vari viaggi sono sempre rimasto all’interno di questo settore, a Milano quando lavoravo per Eataly, grazie anche al suo fondatore Oscar Farinetti, piemontese e grande appassionato di vini, ho iniziato ad avvicinarmi a questo magnifico mondo, ma diciamo senza capirne molto. Solo a Dublino ho avuto la possibilità di specializzarmi. La compagnia per cui lavoravo ha puntato su di me facendomi seguire un corso internazionale di enologia chiamato WSET.
Il suo lavoro l’ha portata lontano e in passato ha viaggiato molto: pensa di tornare prima o poi a Mirandola?
E’ una domanda molto difficile, ovviamente la voglia di stare vicino a famiglia e amici di lunga data attira sempre, ma parlando di carriera non credo di vedere il mio futuro vicino a Mirandola.
A proposito di Mirandola, che rapporto ha con la sua terra?
Ho sempre avuto un bellissimo rapporto con la nostra terra e la nostra regione. Da sempre è stato motivo di vanto per me. L’Emilia, Modena e Bologna sono e sono sempre state una parte importante di me. Una terra di storia, cultura, arte, buon cibo, persone serie, amate e facilmente amabili.
Come è arrivato al P’ti Saigon di Ho Chi Minh, in Vietnam?
Come per ogni cosa, ci sono arrivato per caso si può dire. Sono arrivato in Vietnam a Febbraio 2020 grazie alla mia voglia di viaggiare ed esplorare nuove culture. Arrivato ad Hanoi, la capitale, ho avuto la possibilità di lavorare con uno chef francese e con un ristorante una stella Michelin a Parigi. Quando lo chef ha deciso di spostarsi nel sud del paese, a Ho Chi Minh per la precisione, ha deciso di portarmi con lui. Qui ho avuto la possibilità di affermarmi nel settore fino a che non ho ricevuto l’offerta di chef Sakal Phoeung, qui al P’ti Saigon.
Come si trova in Vietnam: cosa le piace di questo paese e cosa invece le manca dell’Italia?
Il Vietnam è una terra tanto magnifica, quanto lontana e opposta all’Europa. La vita può sembrare a tratti facile e a tratti impossibile per uno straniero. Mi risulta veramente difficile elencare tutti gli aspetti positivi, perchè per me sono sinceramente tanti. Le due cose che sicuramente mi hanno conquistato sono state la bontà spontanea delle persone e il senso di libertà che si può sentire in ogni angolo del paese. Dell’Italia mi mancano tanto i paesaggi e la possibilità di spostarsi tra posti magnifici con molta facilità e in poco tempo. E il cibo prima di tutto, quello della nonna soprattutto.
Quanto tempo pensa di restare?
Domanda alquanto difficile a cui rispondere al tempo del Covid19. Quello che posso dire è al momento mi trovo molto bene in questa terra, e sicuramente finché questa situazione non sarà passata non ho intenzione di muovermi. Ma solo il tempo ci darà una risposta.
L’Emilia-Romagna è una terra di grandi eccellenze agroalimentari, cosa pensa dei vini emiliani e quali si sentirebbe di consigliare?
In Emilia-Romagna sicuramente ci possiamo definire numeri 1 per quanto riguarda la cucina, riguardo ai vini non siamo sicuramente sul podio, ma negli ultimi anni soprattutto in Romagna e sulle colline bolognesi la qualità si è decisamente alzata. Quello che mi sento sicuramente di consigliare sono alcuni Lambruschi, una eccellenza del nostro territorio. Personalmente preferisco più un Lambrusco Reggiano o Parmense, molto più di corpo rispetto un Sorbara. Ma come ho sempre detto, il vino è soggettivo, ho visitato la Cantina Della Volta prima di venire in Vietnam, restandone decisamente sorpreso in positivo. Spero che sempre più cantine decidano di puntare sulla qualità, cosi da poter avere un mercato più ampio rispetto alla sola Emilia.
Cosa pensano all’estero dei vini italiani?
Dipende molto dal paese in cui si è. I vini italiani sono riconosciuti in tutto il mondo come una prelibatezza, ma in un paese come il Vietnam, dove la loro storia li porta ad essere più vicino alla Francia, i vini francesi restano i più presenti sul mercato. Spetta a noi italiani emigrati far conoscere le nostre meraviglie.
È un sommelier molto giovane. Cosa consiglierebbe a un ragazzo che vuole intraprendere questa strada?
Il consiglio migliore che posso dare è di intraprendere questa strada e carriera solo se veramente appassionati, bisogna fare tanti sacrifici, e lavorare in un ristorante 12/14 ore non è consigliato ai deboli di cuore. Ma se la passione chiama, bisogna inseguirla in tutti i modi possibili, anche dovendosi trasferire dall’altra parte del mondo. In Italia ci sono tanti bei corsi che si possono seguire, ma io ho studiato in inglese e questo mi ha dato un qualcosa in più quando è stata ora di trovare lavoro.
Che progetti ha per il futuro?
Per il futuro ci sono tanti progetti, un piccolo sogno che ho è quello di aprire una piccola enoteca/ristorante con un ragazzo, chef, che è stato molto importante per me nella mia esperienza irlandese. Attualmente sta completando i suoi studi alla scuola di cucina Alma a Colorno di Parma. Sulla location ovviamente è ancora tutto un mistero.
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