La Ue sblocca 22mila ettari di terreni a riposo: l’Emilia-Romagna punta su girasole, soia e sorgo
MODENA- È iniziata la corsa in Emilia-Romagna per seminare nuovi campi di girasole ad alto contenuto oleico, soia, sorgo e (poco) mais sui 22mila ettari circa di terreni a riposo sbloccati recentemente dalla Ue per rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare.
«Di sicuro non si può più seminare grano in questo periodo dell’anno - precisa Lorenzo Furini responsabile sezione cereali di Confagricoltura Emilia-Romagna - la scelta ricade prevalentemente su colture quali girasole, soia e sorgo che richiedono il minor impiego di concimi e prodotti fitosanitari. Il mais esige invece più fertilizzanti che costano troppo o sono addirittura difficili da reperire dopo lo stop alle forniture da Russia e Ucraina, primi esportatori al mondo». Gioca in anticipo Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna, guardando ai piani colturali 2022-2023: «Occorre fronteggiare la mancanza di materie prime agricole e commodity con piani strategici di settore finalizzati a coltivare nel tempo ciò di cui abbiamo bisogno. Con una particolare attenzione alle colture proteiche e al mais, che sono di vitale importanza per le nostre filiere zootecniche e per la produzione dei tanti salumi e formaggi Dop dell’Emilia-Romagna». Grazie al recupero dei terreni lasciati a riposo, l’Emilia-Romagna vedrà così aumentare del 25-30% gli ettari a girasole (da 12mila a 17mila), con una novità: i produttori della regione si sono sempre orientati sul girasole da seme fino a coprire il 90% delle superfici investite, ora però la necessità li ha spinti a coltivare quasi esclusivamente quello alto oleico. Rilevante è anche l’incremento atteso delle superfici regionali a soia (da 40.000 a 47.000 ettari), per colmare il deficit di prodotto dell’industria mangimistica, con le province di Ferrara, Bologna e Modena a guidare la classifica delle nuove semine. Stesso discorso vale per il sorgo, anch’esso utilizzato per l’alimentazione animale, che si avvia ad aumentare del 10% le sue coltivazioni soprattutto in Romagna e nelle aree marginali. Sorprende il dato non positivo relativo alle semine di mais in Emilia-Romagna. Nonostante il balzo dei prezzi oltre il 40% la coltura continua a essere disincentivata dagli alti costi di produzione. Già alla fine del 2021 le previsioni segnavano un calo della superficie attorno al 10-15% rispetto all’anno scorso quando in regione sono stati coltivati circa 110mila ettari. Dei nuovi terreni messi a disposizione, solo 3000 ettari circa verranno infatti destinati alla produzione di mais e sono soprattutto le aziende zootecniche a sfruttare tale opportunità per garantire la sopravvivenza dei propri allevamenti. Inoltre, una piccola parte dei 22 mila ettari sbloccati dalla Ue in regione sarà destinata alle orticole da seme (coriandolo, radicchio). La restante parte non sarà coltivata per scelta dell’agricoltore a causa del clima di incertezza che caratterizza l’andamento delle quotazioni.LEGGI ANCHE
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