Bomporto e Nonantola, l’8 e il 9 novembre presentazione di “Sgurbiòl. Delle cose e del tempo di Lelia”
BOMPORTO, NONANTOLA – L’8 novembre a Bomporto e il 9 novembre a Nonantola è in programma la presentazione del libro “Sgurbiòl. Delle cose e del tempo di Lelia”, dell’autrice Antonella Romeo (Edizioni SEB27).
Sgurbiòl non è un romanzo, ma è un saggio di storia orale, quella raccontata da Lelia Panza, nata nel 1931 e cresciuta in una famiglia di mezzadri a Villavara di Bomporto, poi diventata operaia a Modena nel dopoguerra. La fedele trascrizione delle sue parole è intervallata dal racconto del contesto storico, nel quale la microstoria di Lelia e della sua famiglia è incastonata: la misera vita di mezzadri, braccianti e mondariso agli inizi del Novecento; gli efferati crimini dei fascisti e dei nazisti; i processi contro i crimini di guerra e le amnistie, la mancata epurazione della società dal fascismo; la persecuzione dei partigiani soprattutto dopo il 1948; le lotte di contadini e operai e la ferocia dello Stato contro di loro; la meravigliosa storia dei “treni della felicità”, organizzati dall’Unione donne italiane, che portarono migliaia di bambini a “svernare” nelle povere case dei contadini emiliani, quei bambini del sud e delle grandi città del nord, privati dell’infanzia per le conseguenze della guerra voluta dal fascismo. Il libro è incentrato sul primo dopoguerra, gli anni della formazione di Lelia e quelli della nostra Repubblica.
Scrive la storica Natascia Corsini (Centro documentazione donna di Modena), nella postfazione:
«Si possono rintracciare nella storia personale di Lelia i tratti essenziali di quel modello di donna emancipata che ha connotato come identità collettiva le donne modenesi fino agli anni Settanta, riconducibili a forza di volontà, ampia capacità di lavoro produttivo extra-domestico, etica del lavoro come impegno, concretezza e capacità decisionale non inferiore a quella dell’uomo. […] Donne come Lelia escono fuori dalle mura domestiche, prendono parte a discussioni e attività sociali come momento di formazione politica. Così facendo denunciano l’insensibilità e il potere maschile, l’incomprensione e l’egoismo di uomini – padri e zii – che con il loto comportamento tradizionalista frenano gli interessi delle donne, non più solo dedite a ‘mariti e fornelli’. Tuttavia si percepisce da parte dell’intervistata una sottovalutazione del proprio impegno pubblico, politico e sindacale […]. L’invisibilità femminile va letta anche come un atteggiamento di auto-cancellazione […]. Da qui discende la difficoltà tipicamente femminile – anche di chi ha vissuto vite ricche e dense di militanza e impegno – a lasciare e tramandare memorie e scritture autobiografiche; a differenza degli uomini […]. Solo di rado, le donne lasciano dietro di sé tracce intenzionali delle proprie vite […] Con difficoltà a coglierne una rilevanza più generale».
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