Ospedale di Mirandola, la dimettono con diagnosi di mal di schiena: dopo 24 ore va a Carpi e le trovano un ictus
Ospedale di Mirandola, la dimettono con diagnosi di mal di schiena: a Carpi 24 ore dopo dopo le riscontrano l'ictus. Tutto è accaduto il 31 dicembre scorso, l'ultimo giorno del 2020.
Una signora di Medolla, che chiameremo col nome di fantasia Margherita per tutelarne la privacy, si sente male all'improvviso. Ha 88 anni, ma è autonoma e attiva, guida la macchina e non ha problemi di salute. Ma tutto d'un colpo si blocca, non riesce più a muoversi: le fanno malissimo i piedi, non ha più la forza di stare dritta. Il figlio, che vive con lei, si accorge subito di quanto accade e alle 8.30 chiama il 118. In pochi minuti un'ambulanza è già lì.
Sulla vettura del soccorso non ci sono medici, ma solo volontari: osservano che è cosciente, le misurano la pressione: è altissima. Dicono ai familiari che portano Margherita al Pronto Soccorso di Mirandola. Da quel momento in poi non si hanno notizie.
Passano però poche ore e dal Pronto Soccorso chiamano il figlio di Margherita dicendo che può venire a prendere la madre. Appuntamento nel piazzale, fuori, nel primo pomeriggio. Margherita è su una sedia a rotelle, col foglio di dimissioni in mano su cui c'è scritto: "Lombosciatalgia", mal di schiena.
Margherita torna a casa col figlio, ma la situazione non è migliorata, anzi. I familiari chiamano la Guardia Medica - è il giorno di Capodanno - che (riferisce la figlia della signora) non si sbilancia, dice che si attiene alla valutazioni dei colleghi del Pronto Soccorso di Mirandola e non interviene.
Passa la notte e nulla cambia: Margherita sta male, non riesce a muoversi, non si tiene in piedi. Arriva un medico di base, amico di famiglia, che prende in mano la situazione e chiama il 118: spiegando quello che è accaduto, Margherita viene portata a Carpi. Qui al Ramazzini (è l'1 mattina, più di 24 ore dopo i primi sintomi dell'evento e dalle dimissioni da Mirandola) le diagnosticano l'ictus e viene ricoverata in Terapia Intensiva.
Margherita ne esce un mese e mezzo dopo, disabile. La donna autonoma e indipendente che c'era prima, non c'è più. I familiari sono costretti a ricoverarla in una casa di riposo.
La rabbia dei familiari è tanta. Come è possibile che a Mirandola non sono stati riconosciuti i sintomi di un incipiente ictus? Era possibile farlo? E se ci fossero riusciti, le conseguenze sarebbero stati meno gravi? I danni sarebbero stati ridotti?
Si sono subito rivolti a un'associazione che a Carpi raccoglie i casi di malasanità, e che ritiene sia questo il caso, tanto che stanno preparando un richiamo per la dirigenza dell'ospedale di Mirandola. Poi hanno chiamato noi, per "portare alla luce alla coscienza e responsabilità della comunità e di cosa succede nel nostro territorio a tempi della pandemia".
LA REPLICA DELL'AUSL
"In merito all’accesso al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Mirandola avvenuto in data 31/12/2020 da parte di una cittadina modenese, l’Azienda USL precisa che, da una preliminare disamina della documentazione a disposizione, non emergono elementi che possano ricondurre a una condotta non corretta da parte dei professionisti dell’Azienda.
Esprimendo dispiacere per le condizioni di salute della cittadina, l’AUSL resta a disposizione dei famigliari per eventuali richieste di chiarimenti o di informazioni".
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