Strada intitolata alla corriera fantasma, Sinistra per Mirandola: “Grave spregio alla Costituzione”
Non si placano le polemiche a Mirandola per la scelta del Consiglio comunale di intitolare una strada alle vittime della corriera fantasma, quella qualche decine di passeggeri, tra cui 16 ex militi della Repubblica Sociale Italiana che vennero uccisi tra Concordia e San Possidonio e sepolti in due fosse comuni nel 1945.
Un evento la cui memoria è cara alla giunta leghista di Mirandola e si celebra negli ultimi anni qui nella Bassa: ad esempio a maggio 2020 il sindaco di Mirandola Alberto Greco, partecipò a una cerimonia sotto la croce che a San Possidonio ricorda l'evento assieme all'attuale assessore Roberto Lodi.
Adesso il Comune ha deciso l'intitolazione della strada, e dopo le proteste dell'Anpi arrivano anche quelle di Sinistra Civica:
Sinistra Civica per Mirandola si unisce alla preoccupazione di ANPI Mirandola nell'apprendere la notizia della proposta da parte di Fratelli d'Italia di dedicare a Mirandola una via alla "strage della corriera fantasma" e dell'approvazione della stessa, avvenuta durante il consiglio comunale tenutosi in data lunedì 27 marzo. Istituzionalizzare la memoria di chi consapevolmente aderì al fascismo e per esso combattè rappresenta un grave atto in spregio alla costituzione e ai valori antifascisti che sono alla base della nostra democrazia.Come lista siamo inoltre indignati dal fatto che tale mozione sia stata approvata dalla stessa maggioranza di destra in consiglio comunale che, alcuni mesi fa, respinse la nostra proposta di intitolazione di uno spazio pubblico ad Enrico Berlinguer. Da ciò risulta evidente ancora una volta la preferenza velata (e nemmeno troppo) di questa amministrazione per reminescenze e revisionismi fascisti rispetto ai valori antifascisti e democratici come quelli portati avanti, fra gli altri, anche da Berlinguer.

La vicenda
La strage della corriera fantasma, conosciuta anche come strage della corriera della morte, è stata -ricostruisce Wikipedia – una serie di delitti commessi tra il 16 e 17 maggio 1945 a Concordia sulla Secchia e San Possidonio, in provincia di Modena. Nei giorni successivi alla liberazione d’Italia al termine della seconda guerra mondiale, la polizia partigiana di Concordia fermò almeno un camion (successivamente ribattezzato “corriera” dalla stampa giornalistica) proveniente da Brescia e che trasportava alcune decine di passeggeri, tra cui 16 ex militi della Repubblica Sociale Italiana che vennero uccisi e sepolti in due fosse comuni. Dopo 23 anni anni fu rinvenuta una terza fossa comune anche a San Possidonio.
Per tali delitti si sono svolti due processi nel 1950-1951 e nel 1970: in quello relativo ai fatti di Concordia furono condannati due ex partigiani, mentre il procedimento per i fatti di San Possidonio vide il proscioglimento degli accusati per amnistia e prescrizione del reato.
Rinvenimento dei corpi
Nel 1946 fu rinvenuta a Moglia (provincia di Mantova) una fossa comune con sei corpi appartenenti a un primo gruppo di vittime, mentre nel novembre 1948 fu rinvenuto a Villanuova di Concordia una seconda fossa comune con un gruppo di dieci vittime che, grazie agli effetti personali rinvenuti, furono identificati per i passeggeri arrivati da Brescia. In base a ricostruzioni successive si scoprì che i sedici passeggeri furono dapprima condotti a Villa Medici di Concordia ove furono derubati e malmenati. Poi la notte tra il 16 e 17 maggio furono nuovamente prelevati e dopo essere stati condotti nel vicino podere furono uccisi.
Il processo di Viterbo
Solo dopo il processo tenuto presso la corte d’assise di Viterbo dal 15 dicembre 1950 al 15 gennaio 1951 si poté procedere ad una ricostruzione dell’accaduto. Ai partigiani convenuti in veste di imputati furono contestati i reati di concorso in sequestro continuato ed aggravato di persona, concorso in omicidio aggravato continuato e concorso in malversazione continuata. Il processo, che lasciò insoluti alcuni punti come il numero delle vittime che in base alle testimonianze appariva più elevato, condannò il comandante e il vicecomandante della polizia partigiana locale Armando Forti e Giovanni Bernardi per il reato di omicidio continuato alla pena di 25 anni di reclusione, di cui 16 anni e sette mesi condonati a seguito di amnistieIl 3 novembre 1953 la Corte d’assise d’appello di Roma confermò la sentenza di primo grado, che divenne definitiva il 16 febbraio 1955 quando la Corte di Cassazione respinse i ricorsi presentati dai condannati
Gli scavi di San Possidonio
Nel gennaio 1968 furono ritrovate nel “fondo Pacchioni” di San Possidonio, comune limitrofo a Concordia sulla Secchia, sei scheletri di cui alcuni con il teschio forato. Sulla base delle testimonianze dei locali furono ritenute appartenere alle vittime della strage della corriera fantasma. Le nuove indagini svolte dai carabinieri portarono ad ipotizzare che in realtà da Brescia fossero partiti almeno tre autocarri e che un secondo gruppo più consistente di passeggeri fosse stato condotto prima a Carpi e poi alla Casa del Popolo di San Possidonio. Dodici prigionieri qui detenuti sarebbero stati poi prelevati e uccisi nelle campagne limitrofe. Nel 1963 sul luogo in cui furono rinvenute le ossa fu eretto un crocifisso e un monumento commemorativo. Il secondo processo sulla corriera fantasma si concluse il 31 ottobre 1970 presso il tribunale di Modena con l’assoluzione per amnistia e prescrizione degli accusati Onorio Borghi, Armando Borsari, Angiolino Campagnoli e Remo Pollastri. Le ossa ritrovate vennero tumulate in tre loculi anonimi il 10 febbraio 1971 al cimitero di San Cataldo di Modena
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