Piero Pompili a Modena per presentare il libro “Nato Oste” – L’INTERVISTA
MODENA - Domani, martedì 17 giugno, alle ore 18.00, Piero Pompili, Restaurant Manager del ristorante "Al Cambio" di Bologna, sarà al Mercato Albinelli di Modena (Galleria del pane Gurus Lab) per presentare il suo libro "Nato oste". Modererà l'incontro la direttrice di SulPanaro.net, Antonella . Di seguito, un'intervista a Piero Pompili:
"Comunicare è cosa ben diversa dal creare un evento su Facebook e proporlo agli amici". Si, ma perchè mangiare e comunicare sono così legati nella tua idea di accoglienza?
"Premesso che nella mia idea di Oste (e quindi di accoglienza) bisogna sapersi occupare di più aspetti che oggi non riguardano più solo il cibo, il vino e l’arte dell’ospitalità, oggi a tutti gli effetti la comunicazione è diventata parte integrante della mia idea di accoglienza perché prima di approdare sulla carta stampata e in tv (quindi che fossero i media a raccontare il mio lavoro) ho iniziato a farlo in prima persona sui Social parlando della cucina bolognese, di noi, del nostro progetto e idea di ristorazione. Ed è attraverso lo storytelling che siamo entrati nel cuore delle persone ancor prima che nella loro pancia. Le persone attraverso un post o un video si fanno un idea di te, di chi sei, di cosa troveranno in quel ristorante ed è la migliore forma di pubblicità gratuita che (se usata con intelligenza) ogni oste dell’era moderna deve iniziare a saper usare perché al giorno d’oggi è il primo contatto tra te e il pubblico".
Perché spesso le persone abili nella comunicazione vengono viste con sospetto, come se la loro parlantina nascondesse qualcosa di losco? E in un settore come quello dell’alimentazione, dove si sentono spesso opinioni contrastanti, quale è il ruolo della trasparenza e della chiarezza?
"La comunicazione può avere anche un rovescio della medaglia, provo a spiegarmi meglio, un abile e bella comunicazione non sempre corrisponde a una qualità del cibo e del servizio, una foto o un bel piatto impiattato rischiano di esser per l’appunto solo un bel piatto fine a se stesso, vai in quel ristorante e 8 volte su 10 resti deluso perché ti eri fatta un aspettativa diversa, io stesso sui Social vedo ristornati con un immagine da 3 stelle Michelin ma che poi quando assaggi i piatti non potrebbero ambire neanche al premio come miglior crostata della parrocchia..
Trasparenza e chiarezza aiutano a non confondere l’aspettativa. Io ad esempio faccio tantissimi video in cucina, foto e storie che ritraggono i piatti sul pass di cucina e quello che vedi in quel momento, sono realmente i piatti che stanno per uscire per i clienti.
Quando vedo un ristorante con un ottima comunicazione non mi fermo mai solo a quella, faccio una ricerca un po’ più ampia per vedere cosa la stampa dice di quel ristorante e se non dice niente, probabilmente è famoso solo per i like su Instagram che per veri contenuti ed è un luogo che probabilmente non ha nulla da raccontare a livello gastronomico".
Quanto è cambiato il web per la ristorazione rispetto ai gloriosi anni di inizio 2000 quando nascevano cose come il Forum del Gambero Rosso,
uno spazio web dedicato ai curiosi del cibo e del vino, dove - come racconti tu -"finalmente potevo conoscere persone con il mio stesso interesse per il mondo della ristorazione"?
"Il web è cambiato tantissimo rispetto agli anni 2000 e con esso anche le nostre abitudini. Il Forum del Gambero Rosso in quel periodo era una novità assoluta, ti permetteva di poter entrare in contatto con tante persone che condividevano la tua stessa passione pur stando in città lontanissime. Il fenomeno dei ristornati, dei cuochi star e se volgiamo dello status al ristorante, è iniziato proprio da quel forum e da allora tutto è cambiato. Gli chef di cui si parlava hanno iniziato ad avere un ruolo diverso nell’immaginario delle persone diventando sempre più delle “Star” e i ristoranti più che un luogo dove mangiare con il tempo sono diventati più un luogo di esibizione di uno Status che oggi lascia il tempo che trova. Da Oste, e se vogliamo anche da umile esperto della comunicazione visto il mio passato importante da Food Blogger, non sono felicissimo di quello che oggi la ristorazione è riuscita a costruire in termini di immagine. Perché negli ultimi 25 anni ha creato un mondo sempre più effimero che concreto, e lo si vede a cominciare da quanto oggi la Cucina sia ancora lontana dalla politica dimenticandosi dell’impatto economico che invece una fascia di ristorazione buona può avere sul territorio in cui opera, l’effimero invece oggi è tangibile soprattutto nel cambio di guardia di un pubblico sempre più annoiato da una finta creatività e finti fenomeni dei fornelli che fugge da quella ristorazione “fine dining” fatta di ristornati oggi spesso vuoti e sull’orlo di un precipizio. Quindi non sono così sicuro che in questi 25 anni siamo stati capaci di costruire qualcosa di solido in Italia partendo dal web. Il web è la sua diffusione hanno impoverito sia il giornalismo che la ristorazione. Dovremmo forse, pensare di fare tutti un passo indietro per capire come andare avanti".
Le recensioni web, croce e delizia. Quali sono le soluzioni per difendersi (per i ristoratori) e renderle davvero utili ai consumatori?
"Non esiste un metodo per potersi difendere dal giudizio altrui. Forse dovremmo iniziare a domandarci se è giusto che tutti, ma proprio tutti si debbano sentire in dovere di dire la propria opinione soprattutto nella ristorazione. Il web ormai è diventato un luogo dove la signora Maria, che è andata al ristorante solo in occasione della comunione di sua nipotina, si ritrova ad esprimere la sua opinione nella stessa identica maniera di Mario, che ha girato il mondo per ristoranti e magari ha una visione più completa di un mondo che può apparire molto semplice ma che è di una complessità inimmaginabile soprattutto per chi la ristorazione, non è abituata a frequentarla tanto come la signora Maria che però farcisce le sue recensioni di dovizia di particolari come se scrivesse un romanzo prossimo al premio Strega. Però dicono che il web sia un luogo democratico. Ma continuo a pensare che non sia per tutti. Io che negli anni 2004 - 2008 ero uno dei food blogger più apprezzati e conosciuti, quando nel web è iniziata ad arrivare la massa ha deciso di fare un passo indietro e lasciare quello che avevo creato e fatto, chiudendo il blog e non volermi confondere con un pubblico che non mi rappresentava e sentivo vicino al mio modo di essere. Aveva comunque ragione Umberto Eco".
La televisione ha reso incredibilmente popolari cuochi, cucine, ristoranti, gare di cucina, competizioni a tema culinario. Vorrei un tuo giudizio su questo fenomeno.
"La televisione è stato lo strumento che più di ogni altro ha rilanciato la figura del cuoco. In tv ad ogni ora del giorno e della notte non c’è programma che offra da mangiare con tanto di siparietto dello chef di turno. L’immagine patinata del cuoco vista in tv ha fatto credere che tutto potesse esser facile e bello, dove ci si dimenticava che una ricetta che magari richiedeva 3 ore di preparazione potesse esser realizzata davvero in un minuto e mezzo di riprese televisive. A ciò aggiungiamo che fama e popolarità hanno farcito l’immagine di un lavoro facile e per tutti, soprattutto per quelle persone che di talento ne hanno veramente poco, perché non dimentichiamo che una volta chi si iscriveva alla scuola alberghiera era gente che non voleva studiare e si buttava su qualcosa di semplice che non sviluppasse e prendesse troppo l’intelletto. La Tv rendendo iconica la figura del cuoco non ha fatto altro negli anni d’oro a portare un incremento di iscrizioni nelle scuole alberghiere mettendo sul mercato del lavoro della ristorazione persone umanamente già perdenti ancor prima che diventino uno chef. Io, a un giovane che oggi voglia entrare in questo mondo consiglio sempre di affrontare un percorso di studi (anche universitario) perché senza cultura (se non solo quella dell’apparenza che appartengono a molti giovani) non si va da nessuna parte. E con l’ignoranza non si può fare grandi cose, nella vita così come in cucina".
"La verità è che lavorare in un ristorante è una #bellamerda. E non si sa perché nessuno ha il coraggio di dirvelo". E' ancora così? Tutta l'attenzione mediatica che ha questo settore ha un po' cambiato le cose rispetto ai tempi della tua denuncia?
"Questa denuncia risale al 2017 anni d’oro per l’immagine dello chef. Dove il cuoco era posizionato secondo uno studio sulle professioni, al terzo posto tra i lavori più ambiti per un giovane. Oggi le cose sono cambiate e come denunciai all’epoca, nella testa della gente si è inculcata più l’idea che per un giovane cuoco è più facile esser colpito da un asteroide che diventare il nuovo Carlo Cracco. Oggi c’è un fuggi fuggi dal mondo del lavoro nella ristorazione perché è emerso che non è oro tutto quello che luccica, premesso che per avere successo nella vita bisogna lavorare e anche tanto (e questo vale in tutti i campi) ma nel mondo della ristorazione sono emerse nuove consapevolezze che 9 volte su 10 fanno di un ristorante una prigione per chi ci lavora è in un mondo in cui i giovani mettono il “tempo” tra le loro priorità questo mestiere non è più così ambito come una volta, anzi.. Per far tornare i giovani a innamorarsi dei fornelli di un ristorante e lavorarci, prima dobbiamo rivoluzionare la gestione di un ristorante. Senza una rivoluzione manageriale la ristorazione per come la conosciamo oggi tenderà sempre più a sparire per mancanza di lavoratori".
Volevo domandarti con che faccia vieni a Modena a insegnare a noi come si fa la cucina emiliana. Ma forse la risposta l'ho trovata nel libro. Deve essere la stessa pulsione di quando da ragazzo andavi a promuovere le serate del Pachito all’interno di un altro locale "(Ci voleva una “faccia grande come il culo” ad andare a proporre serate dentro altre serate, e quella, ringraziando Dio, non mi era mai mancata)"
"Sarò sincero, sono stupito e me lo chiedo anche io come sia potuto succedere che oggi, a una persona di origine marchigiana venga associata l’immagine della cucina bolognese. Non mi permetterei mai di venire a Modena a insegnare come si fa il tortellino, voi avete già Massimo Bottura che sulla comunicazione resta imbattibile ed è il più bel biglietto da visita che l’Italia potesse avere. A Bologna invece credo che sia capitato solo perché erano anni che nessuno ci metteva la faccia e iniziasse a raccontare la cucina bolognese come ho fatto io, la stampa con gli anni non ha fatto altro che accentuare questa cosa ed oggi, ironia della sorte un marchigiano e’ il simbolo della cucina e dell’ospitalità bolognese. Però è vero, la faccia da culo non mi è mai mancata".
Ultima domanda. La cucina emiliana ok, e la cucina romagnola? Quella degli alberghi delle famiglie, delle piadine sulla ciclabile, del fritto misto a ogni ora che segna da sempre le estati degli italiani?
"La cucina romagnola non ha avuto lo stesso successo mediatico di quella emiliana, sulla Romagna ho proprio un progetto in ballo sulla città di Ravenna, dove ho intenzione di rilanciare non solo la cucina romagnola ma un po’ anche una città che secondo me ha tanto da proporre ma che spesso nessuno cita, e trovo un vero peccato. Ci sono piatti che oggi sono stati dimenticati come i passatelli in brodo di Paganelli, il brodetto alla Porto Corsinese, i cappelletti con il raviggiolo, la spoja lorda e altri piatti che però non sono diventati così iconici come per i piatti emiliani e tutto questo perché forse gli stessi osti romagnoli non ci hanno messo a sufficienza la faccia a raccontarli e proporli facendo una scelta commerciale più facile fatta di grigliate di carne, fritto misto e verdure alla griglia. Ma la Romagna a tavola e’ molto altro, basta dargli il giusto risalto e dignità che si merita ed io non vedo l’ora di affrontare anche questo nuovo progetto".
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