Finale Emilia, la denuncia: “Pratica ferma in Comune, non arrivano i soldi e noi rischiamo il fallimento”
FINALE EMILIA – Quello del 2012 è stato definito il “primo terremoto economico” del paese: perché oltre alle abitazioni civili e alle vittime, ha colpito centinaia di imprese in una delle aree più fiorenti e produttive dello Stivale.
Ma la ricostruzione post-sisma si sta rivelando un terreno altrettanto impervio.
Le tempistiche per il completamento della ricostruzione erano state stimate in circa due/tre anni con investimenti che superavano i 6 miliardi di euro. Peccato che a quasi nove anni dal sisma un primo bilancio vede dei buchi neri in cui sprofondano e falliscono le aziende edili.
Una situazione a rischio è ad esempio quella di un’azienda che a otto mesi dalla fine dei lavori ancora aspetta di essere pagata per i lavori svolti in piano centro a Finale Emilia, su un palazzo storico di via Trento e Trieste, a due passi dal Castello. Una partita da due milioni e mezzo di euro. Il problema? Non una mancanza di fondi, quelli ci sono, sono quelli regionali, sono stati da tempo approvati e aspettano a Bologna, ma di burocrazia, una pratica ferma in Comune ormai da settimane e settimane.
Il caso della ditta Sicea srl di Padova sembra essere una rumorosa evidenza di quello che non funziona. Nell’impossibilità dell’azienda di percepire il dovuto, c’è un po’ di tutto: carenza di personale nelle pubbliche amministrazioni, lungaggini burocratiche e incomunicabilità tra Enti.
Resta il fatto che la situazione illustrata dall’ingegnere Andrea Gottardo e dal geometra Mauro Greggio, direttore tecnico dell’azienda, è un ginepraio di problemi.
L’antefatto è il seguente: la Sicea subentra, a gennaio 2018, a una ditta bolognese nella ricostruzione di un immobile in pieno centro a Finale Emilia, composto da nove appartamenti, un negozio e un deposito. Una decina, in totale, i proprietari.
I lavori si concludono nei tempi previsti, i locali vengono riconsegnati ai proprietari e nell’ottobre 2020, Sicea invia la fattura e tutta la documentazione, per tramite del tecnico referente della procedura, al Comune di Finale per essere liquidata, ricevendo nel frattempo una parte dell’importo totale per un’erogazione straordinaria legata al COVID-19 . Inizia da questo momento il calvario della ditta padovana che, a causa del turn-over (e delle ferie) dei tecnici -che di fatto non riescono a mettersi d’accordo sulla conformità della pratica- e nonostante mail e telefonate, non riesce a trovare un canale di comunicazione con gli uffici tecnici finalesi e a ricevere la somma che ancora gli spetta: 750mila euro Iva compresa.
“La logica vorrebbe che ci fosse continuità nelle verifiche– spiega l’ingegnere Gottardo- ma l’interpretazione diventa personale e contraddittoria”.
Da quanto emerge, il Comune continua a controllare la documentazione e a cambiare idea sulle verifiche di volta in volta provocando lungaggini burocratiche titaniche. “Hanno messo in discussione importi liquidati all’azienda bolognese che erano stati approvati dai tecnici e detraggono a noi il corrispettivo”- racconta giustamente imbestialito Mauro Greggio.
In questi casi l’iter burocratico per il pagamento delle opere di ricostruzione dovrebbe essere lineare e predefinito: al Comune spetta solo la verifica di conformità della pratica per poi girare la valutazione alla Regione che si occupa della liquidazione. “Il Comune deve solo verificare che la pratica sia conforme– spiega Greggio- se volesse potrebbe metterci al massimo tre giorni”.
Un iter complessivo che solitamente richiede tra i due e i tre mesi ma che nel caso della Sicea sta superando gli otto.
“Scrivo ogni lunedì mattina alla dirigente, al sindaco, al vicesindaco– racconta Greggio- da oggi comincerò a scrivere tutti i giorni, ma abbiamo bisogno di ogni azione possibile per risolvere questa situazione”.
Ormai è una lotta contro il tempo. Perché o la situazione si sblocca e alla ditta arriveranno i soldi che gli spettano, o dovranno portare i libri in Tribunale. L’alternativa? Rivalersi sugli ignari e incolpevoli proprietari degli appartamenti, che hanno l’unica colpa di aver subito la tragedia del terremoto e di aver seguito le indicazioni per la ricostruzione.
Ecco la risposta del sindaco di Finale Sandro Palazzi:
“La pratica in questione è seguita come tutte le altre del cratere, pratiche concluse all’80% di quelle presentate pari a circa 850 relative alla ricostruzione. Gli uffici tecnici MUDE sono composti da persone competenti e precise e, poiché si tratta di liquidare soldi pubblici e spesso di grande rilevanza economica, si ritiene giusto quindi che le procedure siano seguite con precisione e particolare attenzione per non incorrere in pagamenti non dovuti a tutela di tutti. La ditta in questione ha presentato documentazione incompleta, che è stata causa dei ritardi e comunque il Comune non è responsabile degli impegni presi privatamente da parte delle imprese costruttrici con le banche e quindi si devono assumere i cosiddetti rischi di impresa. Siamo sempre stati disponibili comunque a un costruttivo confronto”.
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