Morti sul lavoro: in Italia 4.713 vittime in quattro anni
MODENA- Tante, troppe sono ancora le morti sul lavoro ogni anno. Una triste e costante emergenza nel nostro Paese che l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre ha voluto analizzare nel dettaglio esplorando ed elaborando i dati degli infortuni mortali e non mortali avvenuti negli ultimi quattro anni in Italia.
E il primo risultato è già un violento tuffo nell’emergenza. Perché sono 4.713 le vittime sul lavoro da gennaio 2018 a dicembre 2021. Ma questo è solo l’incipit numerico di una drammatica e, purtroppo, ancor più realistica e concreta proiezione proposta nell’ultima indagine dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Mestre in cui si descrive con accuratezza il peso dell’insicurezza nel nostro Paese regione per regione. E l’Osservatorio mestrino lo fa attraverso la mappatura delle zone a maggior rischio di mortalità - evidenziando zone rosse, arancioni, gialle o bianche – senza dimenticare di esplorare le drammatiche pieghe della vicenda pandemica intrecciata alle morti sul lavoro nella nostra Penisola. Così nel 2020 anno di inizio dell’emergenza sanitaria i morti per Covid in occasione di lavoro erano 568 su un totale 1270 totale (quasi la metà), mentre nel 2021 sono stati 243 su 1221. In tutto, dunque, tra il 2020 e il 2021 sono 811 i lavoratori deceduti a causa del contagio. Dati che impressionano e che raccontano, anche se solo in parte, cosa abbia rappresentato il Covid per il nostro Paese. Il punto è, però, che mentre la pandemia incide sempre meno nella mortalità sul lavoro, a inquietare è invece l’incremento degli infortuni mortali con esclusione delle morti per Covid: infatti l’Osservatorio Vega registra nel 2021 rispetto al 2020, un aumento stimato in quasi il 40%. E altrettanto significativa e preoccupante risulta essere la tendenza delle denunce di infortunio con esclusione degli infortuni Covid, dove la stima di incremento fatta dall’Osservatorio Sicurezza Vega è del +26% tra il 2020 e il 2021.Morti sul lavoro: regioni "rosse" e "bianche"
Uno scenario che parla di un’emergenza importante e urgente da risolvere nel nostro Paese e nel quale il Centro e soprattutto il Sud della Penisola, nella mappatura dell’Osservatorio mestrino, ne escono come aree più colpite dalle morti sul lavoro; zone in cui l’incidenza della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa risulta essere più elevata. E questo appare evidente proprio nell’istantanea del 2021 in cui le zone rosse (le maglie nere dell’Italia) sono Molise, Basilicata, Abruzzo, Campania, Umbria, Puglia e Valle D’Aosta. In queste regioni al termine del 2021 è stata rilevata un’incidenza maggiore del 25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 42,5 morti ogni milione di lavoratori). Ma l’Osservatorio mostra anche le incidenze dei tre anni precedenti. Nel 2020 ad avere la peggio sul fronte della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa erano Campania, Piemonte, Liguria, Marche e Calabria, mentre la media calcolata nel periodo dal 2018 al 2019, ritrova nelle prime posizioni come nel 2021 il Molise e la Basilicata, alle quali si aggiunge la Calabria. Intanto, emerge altrettanto nitidamente come nelle regioni con la popolazione lavorativa più numerosa, come Lombardia e Veneto, le rispettive incidenze di mortalità siano le più basse nel quadriennio considerato dall’Osservatorio Sicurezza Vega. La Lombardia chiude infatti il 2021 in zona bianca dopo un 2020 in zona arancione (peggioramento dovuto essenzialmente al grave impatto del Covid in questa regione), mentre l’incidenza media nel biennio 2018-2019 la portava in zona gialla. Mentre il Veneto che non ha mai oltrepassato i confini della zona gialla in quattro anni, nel 2020 era sceso addirittura in zona bianca. “Si tratta di Proiezioni indispensabili per narrare l’emergenza – spiega Mauro Rossato presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul lavoro Vega Engineering di Mestre – È infatti l’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa, che evidenzia correttamente e obiettivamente il fenomeno delle morti sul lavoro, consentendo un confronto regione per regione”. Tornando ai numeri assoluti delle vittime nel quadriennio dal 2018 al 2021, invece, dei 4.713 decessi, ben 3.598 si sono verificati in occasione di lavoro (il 76% circa del totale). I rimanenti 1.115 sono avvenuti in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro, a dimostrazione peraltro che il rischio di morte durante la circolazione stradale è ancora molto rilevante.Le denunce di infortuni sul lavoro
Per quanto riguarda il totale delle denunce di infortunio (con inclusione degli infortuni in itinere), nei quattro anni dal 2018 al 2021, si registra un andamento altalenante, dalle 640.723 del 2018, alle 641.638 del 2019, per poi passare alle 554.340 del 2020, fino alle 555.236 del 2021. Tale andamento è in parte certamente dovuto al significativo decremento registrato nel 2020, in coincidenza con l’inizio della pandemia e del lungo lockdown che ha da un lato ridotto il numero di ore lavorate, dall’altro favorito la diffusione dello smart working. In ogni caso, nel confronto tra il 2018 e il 2021 si registra una diminuzione del 13,3%. L’Osservatorio poi compie un’accurata esplorazione degli infortuni per fasce d’età. E negli istogrammi appare chiaro come siano gli over 65 a rischiare di più la vita in tutto il quadriennio con un’incidenza sempre - o quasi - superiore a quattro volte rispetto alla media nazionale. Mentre sul fronte delle denunce totali di infortunio sono i giovanissimi ad emergere con i dati più sconfortanti. Con un’incidenza di infortunio che nei quattro anni arriva ad essere quasi tripla rispetto alla media del Paese; ad esclusione del 2020, anno della pandemia, in cui risulta essere “solo” doppia, complice probabilmente anche in questo caso il lockdown e lo smart working. Questi ultimi dati evidenziano ancora una volta come i lavoratori di età più avanzata siano soggetti ad un rischio di infortunio mortale maggiore rispetto ai più giovani, in parte spiegabile con la minore reattività nelle situazioni di pericolo. Mentre i più giovani tendano ad infortunarsi maggiormente dei più anziani, in parte per minore esperienza, senza necessariamente gravi conseguenze.
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