Storie di orrore e Resistenza: la Bassa racconta il suo 25 aprile
Di Sofia Fabbri
Siamo giunti al 25 aprile anche quest'anno. Un 25 aprile particolare: papa Francesco ci ha lasciato qualche giorni fa, i conflitti nel mondo continuano più aspri di sempre e i dazi americani sconvolgono le economie di tutto il globo. Ma ripartiamo dalla Bassa, da Modena e dalla sua provincia, per fare un pensiero collettivo sulla Giornata della Resistenza e della Liberazione dal giogo nazi-fascista in Italia.
Perché l'Emilia, riconosciuta da tutto il Paese come il territorio più antifascista e attivo nella Resistenza, ha dato, ha ceduto e ha ritrovato molto il 25 aprile del 1945. Una Regione in cui la resistenza si è sentita più forte che in altre, un sentimento diffuso che ha accomunato uomini e donne di diversa fede politica, di diverse credenze, con il sogno di tornare liberi.
Modena e la sua provincia hanno sofferto tanto il dominio nazi-fascista. La zona era particolarmente strategica per le sue vie di comunicazione dirette con Bologna, con il Brennero, con gli Appennini. Anche allora, l'economia era molto forte e una forte cultura del lavoro era tipica di tutti i modenesi. Già durante gli anni del regime, diversi ambienti anarchici e socialisti (nelle periferie e campagne) e cattolici (sui monti) avevano iniziato a compiere azioni di disturbo e dissenso. Gli esempi più importanti sono manifestazioni di piazza in diversi piccoli centri nei primissimi anni '30, la marcia di oltre 1000 braccianti e disoccupati a Carpi nel 1931 e la partecipazione al funerale di Guglielmo Malavasi, ex consigliere comunale socialista di Novi, allora in regime di detenzione. Scioperi e piccole manifestazioni non mancavano neanche negli anni '40.
L'8 settembre del 1943, con la firma dell'Armistizio, cambia tutto. Iniziava l'occupazione nazi-fascista nel Centro-Nord Italia e con lei la resistenza partigiana, civile. Alla base di questa, c'erano persone: contadini, operai, papà, mamme, casalinghe, ragazzi e ragazze che agivano, soprattutto di notte, per destabilizzare il sistema, con l'appoggio della comunità. Si trattava di un periodo di violenza efferata; alla brutalità di una parte rispondeva una ancora maggiore dall’altra, generando un circolo vizioso sempre più sanguinario e aggressivo. Il nostro territorio venne fortemente colpito: i forti e costanti bombardamenti, le rappresaglie in piazza, le fucilazioni collettive.
Questo fino all 22 aprile 1945, quando i partigiani di Nonantola e Castelfranco Emilia (Brigata "Walter Tabacchi", Brigata "Allegretti", Brigata "Mario" e la Brigata "Ivan") arrivarono a Modena, combattendo gli occupanti nazi-fascisti. Intanto, il Comitato di Liberazione Nazionale della provincia nominava sindaco il comunista Alfeo Corassori. I partigiani delle diverse brigate occuparono gradualmente tutti i luoghi strategici della città e riuscirono a liberarla prima dell'arrivo degli Alleati. Tra coloro che hanno preso parte alla liberazione, Adelmo Bastoni, che nel suo libro "Le mie radici" ricorda la vita nella Brigata Walter Tabacchi, per cui ha compiuto azioni di disturbo e guerriglie urbane. Tuttora, racconta queste storie di un'altra epoca con tutto il trasporto che solamente una persona che ha vissuto il tutto può fare.
Ma uno degli eventi più tragici e poco conosciuti della Seconda Guerra Mondiale a Modena arriva dopo, il 14 maggio del 1945. Una data che simboleggia l'inizio di una lunga storia di sofferenza, che termina nel 1970 con un'amnistia e molti dubbi: è la vicenda della cosiddetta corriera della morte (o fantasma) di Concordia. Il 14 maggio 1945 partiva da piazza Vescovado, a Ebrusco (Brescia), un autocarro della Pontificia Opera di Assistenza con a bordo 43 passeggeri, molti ex militari italiani provenienti dai campi tedeschi e alcuni ex militi della Repubblica Sociale Italiana. Tornavano a casa dopo anni di lotte, ma vennero fermati a Concordia dalla Polizia partigiana per dei controlli. Sedici passeggeri vennero trattenuti, molti repubblichini; gli altri continuarono il viaggio fino a Modena. I 16 fermati vennero derubati e picchiati, poi rinchiusi a Villa Medici, trascinati nel fondo Due Pilastri e uccisi. I corpi verranno ritrovati anni dopo: nel 1946 si scoprì una fossa comune a Moglia, nel 1948 a Villanuova di Concordia. Di cinque persone non si saprà mai l'identità. Il comandante e il vicecomandante della polizia partigiana locale Armando Forti e Giovanni Bernardi verranno condannati a 25 anni di reclusione nel 1951, ridotti a 16 per amnistie. Ma la storia non finisce qui: a San Possidonio sono stati ritrovati i resti di uomini che, secondo la popolazione locale, erano vittime della strage di Concordia, ma trasportati su un secondo autocarro. Qui 12 persone sono state prelevate e fucilate alla Casa del Popolo. Gli accusati per il massacro sono stati assolti nel 1970 per amnistia.
La nostra provincia ha avuto 19.318 partigiani riconosciuti, dei quali 1.232 sono stati uccisi. Complessivamente hanno combattuto sul territorio 32 brigate Garibaldi, una brigata Matteotti, una brigata Giustizia e Libertà e due brigate autonome (cattoliche). Queste sono le dimensioni della Resistenza a Modena. Di questo siamo orgogliosi, anche dopo 80 anni.
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