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20 Giugno 2025
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Maternità e carriera, infermiera e dottoressa raccontano la Festa della mamma tra difficoltà e sogni

(Adnkronos) - Le professioniste del mondo della sanità e le difficoltà che ancora persistono nel conciliare il lavoro, la maternità e la famiglia. La Festa della mamma è l'occasione per raccontare due storie diverse, quella di una infermiera e l'altra di una dottoressa, unite dalla coraggio di non rinunciare ai propri sogni. Rosamaria Virgili oggi è direttrice didattica di un corso di laurea in Infermieristica, con 40 studenti da coordinare, dopo un percorso accademico completo a cui si aggiunge ora un dottorando, e a casa ha un figlio e un marito. "Alle ragazze dico che si può fare, la mia - esordisce - è un'esperienza positiva nel percorso di infermiera e di mamma, nonostante la genitorialità in salita visto che ho un figlio con disturbo dello spettro autistico. Ma ho avuto un marito e una famiglia che mi hanno sempre supportato nel raggiungere i miei risultati professionali. Ci sono state delle difficoltà, non lo nascondo, ma si possono superare".  "C'è una collega con cui ho condiviso tanti turni che è diventata mamma lo scorso anno e voleva lasciare il lavoro - racconta Virgili, direttrice didattica del Corso di laurea in Infermieristica dell'Università Tor Vergata di Roma, sede Idi-Irccs - Ci siamo confrontate su questo" perché "a me il lavoro ha 'salvato'. Credo nell'essere infermiere e nella professione che ha tanto da dire, soprattutto non dobbiamo ragionare per compartimenti stagni: fare la mamma-infermiere è un diritto e non dobbiamo rinunciarci".  La direttrice coordina 40 studenti in Infermieristica, oltre il 90% donne. "I miei studenti devo dire che vanno spronati, ma il cambio di passo vero si vede quando entrano in tirocinio - sottolinea - Ho anche una mamma-studentessa di 25 anni ed è una delle migliori, in regola con gli esami. Però già vedo che si preoccupa sul come potrà gestire gli orari del tirocinio con le esigenze di un figlio piccolo. La capisco perché io e mio marito abbiamo trovato una regolarità nella gestione familiare quando ho smesso di fare i turni - ricorda - e l'organizzazione della famiglia ne ha beneficiato. E' chiaro che senza l'aiuto di partner o dei genitori le difficoltà aumentano. I primi anni di vita di un bambino sono i più complicati, così vedo alcune colleghe che rientrano solo quando i figli hanno 3-4 anni e vanno al nido. La mia azienda, l'Idi-Irccs, quando ho avuto problematiche legate a mio figlio (per un periodo ha avuto disturbi del sonno), è stata comprensiva - rimarca Virgili - e il mio responsabile mi è venuto incontro permettendomi di uscire dai turni. Sono stata supportata".   La cosa più difficile quando si fa il medico e si hanno dei figli "è spiegare ai bambini la morte e le malattie inguaribili", ma anche cercare di "fargli capire che è un lavoro che ha delle imprevedibilità: sai quando inizi, ma non quando finisci. La prestazione sanitaria non è bella e impacchettata, ma dipende da come va una visita o un intervento. Un bambino piccolo non lo capisce e alla fine di una giornata chiede della mamma, vuole stare con lei. Così, se devi uscire spesso, ti domandano 'quando torni?'". Però i figli alla fine "semplicemente si adattano, sanno che in determinato momento non ci sei, ma poi torni e stai con loro. Quindi dopo 8-10 ore di lavoro torno a casa da loro perché hanno bisogno della mamma e non dei nonni o della baby sitter". A raccontarsi è Giulia Zonno, medico e componente del Gruppo di lavoro donne medico dell'Omceo Bari 'Agapanto', "il fiore simbolo di coesione sociale. Siamo nate - spiega - per condividere, supportarci e impegnarci nel sociale".  La situazione delle mamme-medico in ospedali o Asl "sta migliorando" e anche "gli uomini danno oggi uno stop al lavoro mettendo un punto da dove poi inizia la vita privata - dice Zonno, 2 figli, che condivide la professione con il marito - Si circoscrive di più il lavoro, se hai figli rinunci magari ad altre attività, i congressi, l'associazionismo, la didattica o l'attività professionale extra. Perché devi darti uno stop, il lavoro non può essere totalizzante. Però una mamma, rispetto ad una collega che non ha famiglia, parte svantaggiata: ad esempio, in una situazione come la specializzazione in Chirurgia i giovani stanno anche 2 giorni senza tornare a casa per i turni e le guardie, quindi se non hai famiglia resti al lavoro perché vuoi 'rubare' la professione e conoscenze al primario. Questo perché c'è la passione che monta, ma se hai qualcuno a casa che ti aspetta la scelta sarà diversa".   La maternità e la famiglia sono ancora un ostacolo per la donna nella sua carriera di medico? "Se si sa gestire una famiglia - risponde la dottoressa - si acquisiscono capacità organizzative e le si portano anche sul lavoro. Noi siamo medici dirigenti e dirigere una famiglia va in parallelo. Questo atteggiamento può dare una marcia in più, tuttavia il tuo impegno lavorativo deve essere conciliato con la famiglia. Serve mettere un freno alla passione, ma essendo un medico dirigente può capitare di andarmene e finire alcune cose sul computer a casa quando i bambini sono impegnati con altro. Se hai un ruolo di dirigente, che sia sul territorio o in ospedale - osserva Zonno - hai delle responsabilità, non timbri il cartellino e vai a casa. Se gestisci un servizio sanitario piccolo o grande, un reparto ospedaliero, un ambulatorio o un centro vaccinale, hai delle responsabilità precise".   Secondo i dati della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, tra i medici italiani con meno di 50 anni 6 su 10 sono donne. E tra i medici con età compresa tra i 40 e i 49 anni la proporzione sale al 64%: quasi 2 su 3. Per Zonno un nodo fondamentale tra le diverse tematiche che investono l'esercizio della professione medica al femminile "è che noi finiamo tardi il percorso di formazione, università e specializzazione, e prima di trovare un posto stabile che ti permetta di progettare una famiglia e un figlio passa qualche anno. Ed ecco che - rimarca Zonno - le mamme medico arrivano alla maternità più tardi rispetto ad altre categorie professionali. Questo è un problema forse anche più degli ostacoli nell'avanzamento della carriera". Nella vita quotidiana, "come tanti altre mamme e papà che lavorano e fanno i turni, c'è un problema con i nidi. A Brescia, dove vivevo prima di trasferirmi a Bari - conclude il medico - c'era una classe di bambini 'turnisti' che potevano fare o mattina o pomeriggio. Questo agevolava i genitori e ci aiutava, era un asilo privato, ma convenzionato con l'Azienda ospedaliera di Brescia. A Bari non esistono queste realtà, ma si potrebbero organizzare"  [email protected] (Web Info)
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