Monoclonali, Modena ottiene finanziamento Aifa per l’uso nei pazienti Covid domiciliari
Con lo studio clinico “Monoclonal Antibodies In Covid-19” (MAI-COVID), l’Azienda Ospedaliero - Universitaria di Modena ottiene il finanziamento dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) per l’utilizzo degli anticorpi monoclonali nei pazienti Covid domiciliari a rischio aggravamento. La ricerca, sotto la responsabilità di Marco Marietta, dirigente nella Struttura Complessa di Ematologia diretta dal professor Mario Luppi, si propone di valutare l’efficacia e la sicurezza di due combinazioni di Anticorpi Monoclonali (Casirivimab e Imdevimab o Bamlanivimab ed Etesevimab) confrontate con placebo in pazienti con Covid-19 trattati a domicilio.
“Questo nuovo, importante successo testimonia la fiducia da parte del ministero della Salute e quindi di AIFA nelle competenze e nei mezzi dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, che sta diventando sempre più un punto di riferimento nazionale dal punto di vista della ricerca”, dichiara il direttore generale dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, Claudio Vagnini. “Solo pochi mesi fa ci siamo classificati secondi in Italia nel 2019 per la promozione di sperimentazioni cliniche non profit di medicinali in base al 19° Rapporto Nazionale Aifa. Ormai questa azienda è una sicurezza nel panorama della produzione di studi e ricerche cliniche e scientifiche”.Dei 14 protocolli di ricerca valutati da Aifa, lo studio MAI-COVID si è piazzato al secondo posto tra i quattro complessivi ammessi al finanziamento. Tra i criteri di scelta, figurano la fattibilità e la concreta operatività e quindi la potenzialità di trasferimento dei risultati nella pratica clinica reale in un’ottica strategica per il Servizio Sanitario Nazionale.
“Gli anticorpi monoclonali, di cui si è molto parlato in questi mesi – spiega il dottor Marietta - non sono un’alternativa alla vaccinazione, che rimane la strategia fondamentale per eradicare l’infezione da Sars-Cov-2. Tali anticorpi bloccano il virus dopo che sono entrati nell’organismo e gli impediscono di riprodursi, limitando così il danno che può dare ai vari organi, primi fra tutti i polmoni. Gli studi hanno dimostrato che questi anticorpi monoclonali non sono efficaci nei pazienti più gravi, già ricoverati in ambiente ospedaliero. Al contrario, vi sono evidenze secondo cui gli stessi possano costituire un’opzione terapeutica per i soggetti non ospedalizzati che, pur avendo una malattia lieve/moderata, risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19 con conseguente aumento delle probabilità di ospedalizzazione e/o morte”.Lo studio coinvolgerà 500 pazienti, divisi in tre bracci, uno per ciascuna combinazione di anticorpi monoclonali, ed uno trattato con placebo. Obiettivo è valutare sia l’efficacia del trattamento sulla diminuzione della necessità di ricovero ospedaliero, sia la sicurezza in termini di eventi avversi gravi nei pazienti Ccovid-19 domiciliari sintomatici a rischio di peggioramento. Il protocollo di studio è stato sviluppato grazie al fondamentale contributo del prof. Roberto D’Amico (responsabile Unità di Supporto Statistico Metodologico e professore associato all’Università di Modena e Reggio), del dott. Pasquale Mighali e della dott.ssa Annita Gozzi, (data manager) afferenti tutti al Servizio Formazione, Ricerca e Innovazione dell’AOU di Modena, diretto dalla dott.ssa Paola Vandelli. Ancora una volta Azienda Ospedaliero – Universitaria e Università di Moderna e Reggio hanno collaborato in modo sinergico in nome della naturale vocazione alla formazione e alla ricerca che da sempre contraddistingue le due realtà e che ha prodotto questo ulteriore risultato di altissimo livello. Il disegno dello studio attribuisce un ruolo fondamentale al reclutamento e alla gestione dei pazienti alle Aziende Unità Sanitaria Locale di Modena, Reggio Emilia e Piacenza, attraverso il coinvolgimento dei rispettivi Dipartimenti di Cure Primarie e di Igiene Pubblica, che sono quindi centri collaboratori. La strettissima integrazione fra ospedale e territorio verrà realizzata attraverso il coinvolgimento delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA), specifici team di medici ed infermieri appositamente formati. E proprio in questo consiste uno dei caratteri innovativi dello studio, visto che nella letteratura scientifica sono rari gli studi che integrano così fortemente medicina ospedaliera e medicina del territorio. In quest’ottica, lo studio MAI-COVID sarà anche occasione per acquisire esperienza e fornire un modello di sviluppo utile anche dopo la contingenza della pandemia.
“Lo studio nasce dall’idea dell’’Ospedale a casa del Paziente’ - sottolinea la dott.ssa Vandelli -, perché di fronte al raggiungimento di soglie critiche di occupazione degli ospedali in tutte le regioni, la strategia/innovazione è stata quella di curare i pazienti sintomatici a rischio di peggioramento a domicilio. Il protocollo prevede il coinvolgimento delle Unità Speciali di continuità assistenziale (USCA), pilastro dell’assistenza domiciliare previste dal decreto Cura Italia. La pandemia da Covid-19 ha mostrato chiaramente quanto sia importante stabilire una nuova sinergia tra medici del territorio e medici ospedalieri: un nuovo modello di intelligenza collettiva basato sulla collaborazione tra i medici del territorio e gli specialisti ospedalieri. Sinergia, integrazione e collaborazione sono le parole chiave del protocollo clinico; un nuovo approccio che permetterà di tracciare una nuova traiettoria per curare i nostri pazienti”.I 4 protocolli di ricerca vincitori del Bando accederanno a un finanziamento promosso da AIFA per un importo superiore ai 2 milioni di euro.
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