La cura della Memoria: il 21 ottobre le celebrazioni per i 50 anni del Museo Monumento al Deportato di Carpi
CARPI- Nell’ottobre 1973 veniva inaugurato, a Carpi, davanti a una folla di oltre 30mila persone, il Museo-Monumento al Deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti, progettato dallo studio BBPR.
Una struttura unica nel suo genere, frutto dell'impegno civile di artisti che furono anche testimoni degli avvenimenti che rappresentavano, che ne fa uno dei memoriali più significativi nel panorama internazionale per le modalità stilistiche scelte e l’efficacia comunicativa dell’insieme. Sabato 21 ottobre si celebreranno i 50 anni dalla sua fondazione.
Alla cerimonia - che inizierà alle ore 10.00 presso il Cortile delle Stele per una visita guidata al Museo Monumento, per poi proseguire con un incontro presso la Sala dei Mori di Palazzo dei Pio alle ore 11.30 – parteciperanno il commissario europeo Paolo Gentiloni, il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e l’architetta Anna Steiner, figlia di Albe e Lica, gli artisti che curarono la selezione dei reperti reperiti e l’allestimento del Museo.
Insieme a loro, il sindaco di Carpi Alberto Bellelli e il presidente della Fondazione Fossoli, Pierluigi Castagnetti.
Alla cerimonia parteciperà il Corpo bandistico ‘Città di Carpi’. La classe 3° T del Liceo Manfredo Fanti si occuperà di accogliere il pubblico in visita.
Ispirato a una concezione antiretorica e simbolica, il Museo Monumento mostra in tredici sale il dramma della deportazione, considerandolo nella sua dimensione universale di violenza dell’uomo sull’uomo. L’allestimento essenziale e i linguaggi artistici utilizzati coinvolgono il visitatore in un'esperienza emotiva forte, con lo scopo di facilitare la comprensione di quella tragedia e attivare la riflessione.
La continuità delle sale è scandita dall'incisione di frasi alle pareti, che costituiscono la principale testimonianza del Museo: si tratta di brani scelti da Nelo Risi dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea; le frasi delle vittime incise sui muri trattano la loro terrificante esperienza nei lager nazisti, e vogliono contribuire alla partecipazione emotiva del visitatore.
Le pareti di alcune sale sono decorate da graffiti su bozzetti di noti pittori, come Longoni, Picasso, Guttuso, Cagli Léger, mentre le teche contengono reperti, materiali e fotografie, che documentano la vita dei prigionieri nei campi, raccolti e ordinati da Lica e Albe Steiner. L'ultima sala reca incisi sulle pareti e sulle volte i nomi di oltre 14.000 cittadini italiani deportati nei lager, oltre a quello di Anna Frank - simbolo negli anni ’60 della deportazione ebraica - e dei 67 assassinati al Poligono di tiro di Cibeno.
Nel cortile esterno sedici grandi stele, monoliti in cemento alti sei metri, recano i nomi di 60 campi di concentramento e di sterminio nazisti. Dalla cavità in cui emergono le Stele, si alzano roseti simbolo di rinascita.
Questo il commento del sindaco di Carpi, Alberto Bellelli: “Mai come in questi giorni, con un mondo tormentato e due guerre alle porte dell’Europa, dobbiamo essere grati a quegli amministratori del Comune di Carpi – in primis al sindaco Onorio Campedelli – che mezzo secolo fa ebbero l’intuizione di realizzare il nostro ‘Museo Monumento al Deportato’, imperitura testimonianza degli orrori compiuti dal nazi-fascismo: anche se il «Mai più!» che sottintende purtroppo resta ancora disatteso, il valore di quell'idea e della sua realizzazione sono una delle pagine più belle della storia cittadina”.
“Il Museo Monumento – commenta il presidente della Fondazione Fossoli, Pierluigi Castagnetti – rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura memoriale in Europa. Non è un caso che lo si volle qui a Carpi, a pochi chilometri dalla campagna di Fossoli, in cui fu allestito il Campo di concentramento e transito dal quale passarono, tra gli altri, anche Primo Levi e Nedo Fiano con i suoi familiari. Celebrare questo cinquantesimo significa accendere i riflettori su quanto questo Museo vuole trasmetterci: una testimonianza e una riflessione sulla violenza e l’orrore di cui l’uomo è capace, ma anche la possibilità del riscatto e, soprattutto, la consapevolezza della necessità di operare per costruire pace e democrazia, artefatti fragili, che necessitano di manutenzione e vigilanza continue. Guardandoci intorno oggi, dall’Ucraina ai territori tormentati di Israele e Palestina, fino al continente Africano, comprendiamo quanto vi sia drammaticamente bisogno di meditare profondamente sul monito cui le frasi, i dipinti e le stele del Museo Monumento ci richiamano”.
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