Poliziotto infiltrato tra i militanti di Potere al Popolo a Bologna, era stato in servizio alla Questura di Modena
BOLOGNA - Un giovane agente di polizia si sarebbe finto per mesi un militante di Cambiare Rotta, l'associazione giovanile di Potere al Popolo, partecipando anche alla manifestazione che contestava la presenza di Giorgia Meloni a Bologna, con l'obiettivo di portare avanti uni operazione di spionaggio.
È la ricostruzione effettuata da Fanpage che ha raccolto documenti e testimonianze riguardo a una presunta attività ordita su scala nazionale.
L'inchiesta, durata 10 mesi, avrebbe coinvolto almeno quattro città e cinque poliziotti tutti appartenenti al 223esimo corso allievi della Polizia di Stato e chiamati nell'Antiterrorismo.
A Bologna il poliziotto avrebbe usato la stessa tecnica dei colleghi di Napoli, Milano e Roma.
Si sarebbe finto uno studente 21enne fuorisede, arrivato a Bologna da poco che si sarebbe avvicinato alle lotte di Cambiare Rotta quali il caro affitti e la guerra in Palestina.
In realtà, era un'agente che era stato in servizio alla Questura di Modena e poi era finito nella Direzione centrale dell'antiterrorismo.
Fanpage riporta anche una foto diffusa proprio dagli uffici modenesi.
"La questione è molto grave, ma noi non abbiamo niente da nascondere e non ci faremo intimidire - dichiara Riccardo Rinaldi, della sede emiliana di Potere al Popolo -. non è un'operazione di polizia, ma politica".
Solidarietà a Potere al Popolo, è stato espresso dal Partito della Rifondazione Comunista Emilia-Romagna per la gravissima e inaccettabile vicenda dell'infiltrazione di agenti di polizia nelle sue strutture e nelle organizzazioni politiche e sociali ad esso vicine.
"Siamo di fronte a un attacco diretto alla libertà di associazione e di partecipazione politica garantite dalla Costituzione - scrivono nella nota -. Colpire un soggetto politico che agisce apertamente nella società – partecipando alle elezioni, organizzando manifestazioni pubbliche e autorizzate nei territori, costruendo mutualismo e solidarietà dal basso – significa colpire ogni forma di opposizione politica e sociale reale.
Questi metodi ricordano più regimi autoritari che uno Stato democratico e fanno emergere, ancora una volta, l’intolleranza del potere costituito verso chi costruisce una proposta alternativa e radicale. La sorveglianza e il controllo non vengono rivolti contro chi devasta i diritti sociali e ambientali, ma contro chi lotta per una società più giusta.
Il recente parere della Corte di Cassazione sul cosiddetto “Decreto Sicurezza”, bocciato sia nel merito che nel metodo, dimostra come il Governo Meloni, invece di correggere la rotta, continui a percorrere una deriva autoritaria che mina i fondamenti democratici della Repubblica. È sempre più chiaro che la criminalizzazione del dissenso è parte di una strategia repressiva che colpisce chiunque si opponga allo stato di cose presenti.
Non vi fermeranno, non ci fermeranno.
Continueremo a lottare, nelle piazze e nei territori, al fianco di chi non si arrende alla barbarie neoliberista e alla repressione.
Eliana Ferrari e Stefano Grondona,
Co-segretari di Rifondazione Comunista Emilia-Romagna
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