Tavares e il tentativo di demolire l’automobile italiana
di Andrea Lodi
Sembrerebbe il titolo degno di un film della saga di Indiana Jones. Ma purtroppo non è così.
Ciò che abbiamo assistito in questi anni non è la trama di una fiction televisiva con protagonista lo straordinario attore italiano Claudio Santamaria, ad esempio, ma è la realtà.
Una triste realtà che vede John Elkann nel 2020 cedere alle lusinghe del manager prestigiatore Carlos Tavares, e farsi convincere a realizzare il progetto Stellantis: la fusione tra FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e la francese Groupe PSA. Un progetto che ha di fatto svenduto l’automobilismo italiano, uno dei vanti della nostra tradizione imprenditoriale, ai francesi. Va ricordato infatti che cinque consiglieri su dieci di Stellantis sono francesi, che il manager a cui viene affidato il ruolo di amministratore delegato proviene da Groupe PSA, che lo Stato francese è socio di Stellantis (tramite la banca pubblica Bpifrance) e che tra i consiglieri è presente un rappresentante dei lavoratori francesi, il francesissimo Jacques de Saint-Exupery, mentre non è presente alcun rappresentante dei lavoratori italiani.
Carlos Tavares, una sorta di manager di stampo ottocentesco, molto bravo a fare quadrare i conti con tagli alle spese, soprattutto sul personale. Uno dei manager più pagati al mondo con uno stipendio annuo superiore ai 30 milioni di euro. Talmente spropositato che fa gridare allo scandalo anche alcuni membri del Governo francese.
Un manager che, come molti suoi esimi colleghi, non presta particolarmente attenzione al rispetto di un piano industriale, ma è molto attento a curare i propri interessi e quelli degli azionisti, ca va san dir.
Ciò che risulta evidente dall’operazione di fusione tra FCA e PSA, ed alla costituzione di Stellantis, è il perpetuarsi di un fenomeno ormai tipico dell’attuale modello capitalistico, quello del capitalismo a due velocità. Una sorta di capitalismo schizofrenico che formalmente convince governi e lavoratori di avere in mente un piano industriale con risvolti sociali ed occupazionali, ma che nella sostanza porta avanti esclusivamente gli interessi degli azionisti. Che è quello di fare soldi. Nient’altro.
Il mandato di Tavares era quello di chiudere i rapporti con l’Italia. Il manager portoghese ha di fatto dato un forte contributo alla crisi del settore automobilistico italiano. Un settore governato da manager di scarsa formazione e competenza, bravi dal punto di vista industriale, ma sostanzialmente ciechi dal punto di vista strategico, che non hanno saputo contrastare il manager portoghese. Non parliamo poi dei sindacati italiani, totalmente assenti sui tavoli delle trattative. Molto più presenti forse sui tavoli dei ristoranti stellati. Se chiamiamo poi in campo i rappresentanti dell’attuale Governo, non c’è scampo.
Bianca Carretto, giornalista del Corriere della Sera, e grande conoscitrice degli attori protagonisti di questa vicenda, afferma: “Tavares ha fatto il suo gioco – o meglio quello degli azionisti, aggiungo io – si è fatto licenziare. Ha creato i rapporti tesi con l’azionista di maggioranza, ossia con John Elkann, e si è fatto licenziare con la certezza di portare a casa la sua liquidazione sicuramente superiore ai 100 milioni di euro di cui si parla”.
Bianca Carretto continua con l’ipotesi, sicuramente molto vicina alla realtà, di uno screzio con Elkann per il forte calo delle vendite. Personalmente sono più propenso a pensare che si tratti di un teatrino, una recita in cui ogni attore interpreta un ruolo ben preciso: Tavares quello del manager che ha fallito il mandato degli azionisti, Elkann quello dell’azionista di maggioranza che licenzia il manager incompetente e che dovrà pertanto provvedere a sistemare i conti con misure dolorose (come ad esempio la chiusura degli stabilimenti italiani e il licenziamento in massa di migliaia di lavoratori) ed il governo italiano che dovrà accordarsi con gli azionisti di Stellantis per “aiutare” l’impresa a sistemare i conti ed evitare la chiusura degli stabilimenti italiani. Un film già visto.
Purtroppo, con la morte di Sergio Marchionne, avvenuta nel 2018 a causa di una malattia, si è interrotto un progetto industriale che vedeva l’Italia protagonista con il rilancio del settore automobilistico. Secondo Bianca Carretto, molto vicina al manager canadese, “Marchionne aveva un legame fortissimo con l’Italia, ed una volta mi disse che non avrebbe mai chiuso le fabbriche italiane – e continua – Lui era amato. All’inaugurazione dello stabilimento di Melfi, dove camminava in mezzo ai corridoi, gli operai lo applaudivano. Erano applausi di gratitudine, che venivano dal cuore”.
Marchionne era l’esatto contrario di Tavares. Non gli era simpatico e non lo stimava. Bianca Carretto afferma che una volta Marchionne le avrebbe confidato: “Tavares è una brutta persona, io non lo voglio neanche vedere”. Sul progetto Stellantis, ad esempio, Marchionne era contrario ad una fusione, ben consapevole delle conseguenze nefaste di quell’operazione. Lui propendeva per una partnership industriale.
Ma purtroppo le cose sono andate diversamente. Tavares lascerà la guida di Stellantis molto più ricco di qualche anno fa e sicuramente andrà a curare gli interessi suoi e di qualche altro azionista, in una qualche altra azienda del pianeta. Con la speranza che John Elkann tragga qualche buon insegnamento da questa esperienza e che, a dirla con le parole di Bianca Carretto, parlando di Elkann, “spero che questo sia l’inizio di una sua evoluzione, non solo umana, ma manageriale”.
Già, speriamo.
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