La Fratelli Baraldi trova giustizia anche in Consiglio di Stato
La famiglia Baraldi trova giustizia anche in Consiglio di Stato. La notizia arriva dalla rivista "Cento per cento", in distribuzione in questi giorni nella Bassa. Il direttore Mirco Gallerani: "Doveroso raccontare quanto accaduto in questa odissea giudiziaria" che ha coinvolto una delle principali famiglie di costruttori della nostra zona. La rivista è stata stampata in 3 mila copie ed è diffusa in locali pubblici e punti di ritrovo nel modenese, una eccezione visto che la sua area di riferimento è il centese, proprio perché in questo numero si ricostruisce una storia tutta modenese.
Il calvario giudiziario di questa famiglia di sette fratelli di Staggia di San Prospero è iniziato dieci anni fa, nel post terremoto, e ha portato a una serie di fallimenti, accuse cadute poi nel nulla e un ridimensionamento economico notevole.
Oggi il Consiglio di Stato (con la sentenza 06679/2024 presidente Corradino, estensore Fedullo dell'11 luglio 2024) fissa un altro punto fermo e annulla il divieto di iscrizione alla white list (l'elenco delle aziende "pulite" che potevano avere appalti pubblici nella ricostruzione) e "In nome del popolo italiano lava ogni dubbio su quanto detto e dubitato sui Baraldi", spiega il direttore.
La sentenza dei giudici amministrativi arriva dopo che dal punto di vista penale la Cassazione ha stabilito che il procedimento che portò al fallimento della Fratelli Baraldi dopo l’esclusione dalla white list fu illegittimo.
"Ci sentiamo di coniare il termine di tortura inquisitoria, ci fu una caccia alle streghe nei confronti della famiglia Baraldi e della loro attività", scuote la testa Gallerani.
Ora per i Baraldi inizia il percorso di ricostituzione della propria immagine, che prevederà probabilmente anche la richiesta di risarcimento danni. Ma non bisogna mollare e bisogna andare avanti, argomenta Claudio Baraldi nell'intervista comparsa sulla rivista - dove ricorda anche i fatti più dolorosi della vicenda, con gli avvoltoi che ha incontrato nei momenti di più profonda difficoltà - perché "Non si può accettare che noi, figli di un modesto graduato dei Carabinieri, fossimo accusati di condizionamenti mafiosi e infangati davanti ai nostri figli e alla collettività".
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