Molestie sessuali a Finale Emila, la Curia difende don Daniele e invita i giornalisti alla responsabilità
FINALE EMILIA - Molestie sessuali a Finale Emila, la Curia difende don Bernabei e invita i giornalisti alla responsabilità. Un nuovo intervento della Diocesi modenese mentre infervora il dibattito sullo scandalo rivelato a "Chi l'ha visto" cerca di porre qualche punto fermo nel dibattito.
I fatti sono iniziati nel 2018: un catechista di 37 anni contatta via social una ragazzina e le fa apprezzamenti sessuali e le manda messaggi hot con tanto di fotografie del suo pene. Lei si confida con la madre, la quale va a parlare con il parroco. L'uomo sparisce dalla circolazione per un po': lascia sia il catechismo che il centro estivo. Ma ricompare presto nel coro, come se nulla fosse. La madre della vittima cerca allora aiuto nella stampa, e così esce fuori che nel frattempo ci sono tante altre ragazzine molestate dal 37enne: tutte giovanissime, agganciate in chiesa o in palestra.
Si poteva fare di più? La chiesa ha qualche responsabilità nel modo in cui è stata gestita la questione? Perchè quando don Daniele è stato intervistato in tv ha dato l'impressione di voleri ridimensionare l'allarme, e ha posto dubbi sul comportamento dalla vittima? Ecco la replica della Curia:
Nei giorni scorsi i mezzi di comunicazione hanno riferito di un caso a Finale Emilia che vede coinvolto un signore che frequenta anche la parrocchia, ex catechista, responsabile, secondo quanto affermato nel servizio televisivo, di vari tentativi di adescamento di ragazze minorenni attraverso i social. Il Servizio Interdiocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili di Modena e Carpi ha seguito con particolare attenzione il caso suddetto e, considerato il rispetto delle più recenti indicazioni normative e pastorali per affrontare simili situazioni all’interno delle strutture della Chiesa, esprime piena vicinanza e incoraggiamento alle minori oggetto di molestia e alle loro famiglie, al Parroco don Daniele Bernabei e all’intera comunità di Finale Emilia, affinché nella piena verità si possa ricomporre l’unità, in un clima rispettoso e accogliente. Alcune note utili alla comprensione dei fatti: 1) Nel servizio televisivo compaiono a più riprese dichiarazioni di don Bernabei estrapolate strumentalmente da un dialogo con il giornalista molto più articolato e alterandone il pensiero. Inoltre non si fornisce all’ascoltatore un riferimento temporale dei fatti in questione, che risalgono alla fine del 2018. 2) È infatti in quel momento che il Parroco, venuto a conoscenza di un episodio, solo parzialmente e senza i pesanti dettagli contenuti nelle chat, e trovato conferma dalla famiglia di una vittima, ha informato tempestivamente i Superiori e subito ha provveduto a rimuovere l’autore di questi atti da ogni servizio educativo verso i minori. 3) La permanenza dell’autore nel coro parrocchiale non è da intendersi come sottovalutazione, e tanto meno come copertura, ma come conseguente valutazione di ordine pastorale da parte del Parroco, certo condizionata dalla non conoscenza dei pesanti dettagli presenti nelle chat e del fatto che fossero state coinvolte altre ragazze minorenni, come emerso nel servizio televisivo. Alla luce di questi elementi oggettivi don Bernabei ha agito correttamente, con scrupolo e prudenza, a tutela dei minori della sua comunità: revocando responsabilità educative all’autore, consigliandogli un percorso terapeutico poi effettivamente svolto, offrendo ascolto alla persona offesa, proponendo la denuncia dei fatti alle Autorità civili e rispettando i diritti dell’accusato.L’Arcidiocesi di Modena-Nonantola - ricordano dallaCuria - da poche settimane ha reso operativo il centro di ascolto del Servizio Interdiocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili con l’intento di affrontare con determinazione l’impegno per la prevenzione degli episodi di abusi innanzitutto attraverso la formazione e la sensibilizzazione dei sacerdoti, degli educatori e degli operatori pastorali.
Tutti, sacerdoti, genitori, educatori, giornalisti sono chiamati ad esercitare il proprio lavoro con senso di responsabilità avendo a cuore il bene dei nostri ragazzi. In particolare per la comunità ecclesiale, spronata con insistenza da Papa Francesco ad agire “affinché tali fenomeni, in tutte le loro forme, non avvengano più”, è richiesta “una conversione continua e profonda dei cuori (…) così che la santità personale e l’impegno morale possano concorrere a promuovere la piena credibilità dell’annuncio evangelico e l’efficacia della missione della Chiesa. Questo diventa possibile solo con la grazia dello Spirito Santo effuso nei cuori, perché sempre dobbiamo ricordare le parole di Gesù: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Anche se tanto già è stato fatto, dobbiamo continuare ad imparare dalle amare lezioni del passato, per guardare con speranza verso il futuro”. (Francesco, Vos estis lux mundi2019).
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