San Prospero e la Pieve, un gioiello architettonico andato perduto
- Resti delle muratura dell’antico monastero
- Rifiuti in plastica nell’area archeologica
- Vegetazione incolta
- Lastre di vetro nell’area archeologica
SAN PROSPERO SUL SECCHIA – Adiacente alla Strada Statale 12, in corrispondenza di via Viazza e via Bozzala, vi è l’area archeologica comunemente chiamata Pieve di San Prospero, zona che secoli fa ospitava un antico monastero dedicato a San Silvestro.
Oggi l’area, appartenente al Comune, versa in condizioni di totale abbandono: folta vegetazione cresce incolta tra le poche ma preziose costruzioni in muratura rimaste intatte, rovine antiche che testimoniano l’impronta storica e culturale dei monaci benedettini nel nostro territorio.
A profanare l’antica bellezza del luogo vi sono rifiuti sparsi come potature di alberi, taniche di benzina, plastica e addirittura lastre di vetro che rendono pericoloso il passaggio.
Nel 1971 furono rinvenuti nell’area preziosi reperti risalenti all’epoca del Santo: diverse tipologie di pietra, resti delle sei colonne imponenti che sorreggevano la struttura, ma anche ossa umane, denti e una colonnina che custodiva la statua del santo (quest’ultima crollò nel 2012 in seguito al terremoto che ferì la Bassa Modenese).
“Ogni sabato ci trovavamo qui per ripulire l’area e tentare di preservare le rovine ed i reperti che trovavamo. Eravamo un bel gruppetto, ci aiutava anche un signore che possedeva un escavatore, gratuitamente. E’ un luogo che a San Prospero tutti conoscono e che merita di essere sistemato”, racconta Cesare, volontario che nel 1971 contribuì al restauro dell’area.
Dopo il terremoto la natura e la maleducazione dell’uomo hanno reso l’area simbolo della storia del territorio modenese invivibile e degradata, il ricordo ed il valore del luogo di cultura non devono andare perduti, ma riconosciuti e trasmessi alla popolazione attraverso un’attenta rivalutazione dell’area.
E chi lo sa, nel sottosuolo od oltre i preponderanti arbusti, potrebbero celarsi meravigliosi pezzi di storia e reperti rimasti ancora inesplorati, desiderosi di vivere la luce del ventunesimo secolo.
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